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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24536 - pubb. 21/11/2020.

Per la verifica della sussistenza dei requisiti di non fallibilità, a contare è solo la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniale dell’impresa, comunque questa risulti raggiungibile


Cassazione civile, sez. I, 09 Novembre 2020, n. 25025. Pres. Cristiano. Est. Dolmetta.

Fallimento – Dichiarazione – Requisiti – Verifica – Bilancio – Rilevanza – Rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniale dell’impresa comunque raggiungibile


Per la verifica della sussistenza dei requisiti di non fallibilità, di cui all’art. 1 comma 2 legge fall., non è necessaria la produzione in giudizio di un particolare documento, quale costituito dal bilancio di esercizio. A contare, in proposito, è infatti solo la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniale dell’impresa interessata, comunque questa risulti raggiungibile. Può dunque avvalersi, al riguardo, sia dell’intero arco documentale costituito dalle scritture contabili provenienti dall’impresa medesima (ivi compresa la c.d. corrispondenza di impresa, di cui all’art. 2220 cod. civ.), sia di qualunque altra documentazione, formata da terzi o dalla parte stessa, che nel concreto possa risultare utile.

La valutazione di non attendibilità, che sia nel concreto riferita a un dato documento contabile (nella specie, il registro «vendite»), non può essere correttamente estesa in via automatica all’intero arco delle scritture contabili prodotte in giudizio dall’impresa per la verifica della sussistenza dei requisiti di non fallibilità, di cui all’art. 1 comma 2 legge fall. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

Fatto

1.- Con sentenza depositata il 12 giugno 2018, il Tribunale di Cagliari ha dichiarato il fallimento della s.r.l. (*). La società ha proposto reclamo L. Fall., ex art. 18, avanti alla Corte di Appello di Cagliari. Che la ha respinta con sentenza depositata in data 18 dicembre 2018.

2.- Per quanto qui ancora in interesse, la Corte territoriale ha in primo luogo osservato che la procedura di notifica L. Fall., ex art. 15, era stata correttamente seguita. Posto che la s.r.l. (*) non possedeva un proprio indirizzo pec, la notifica andava infatti effettuata presso la sede legale; nel caso di riscontrata irriperiblità del destinatario presso questo indirizzo, a mezzo di deposito presso la casa comunale: senza previa ricerca di una eventuale sede effettiva, come per contro assunto dal reclamante.

Anche richiamando la pronuncia della Corte Costituzionale n. 146/2016, la sentenza ha rilevato che la norma della L. Fall., art. 15, "si propone di coniugare la finalità di tutela del diritto di difesa dell'imprenditore collettivo con le esigenze di celerità e speditezze proprie del procedimento concorsuale".

3.- La Corte territoriale ha ritenuto, inoltre, che non risultava dimostrata l'"insussistenza dei requisiti dimensionali previsti dalla norma della L. Fall., art. 1, comma 2", come invece era sostenuto dalla società.

"La reclamante ha prodotto copia del tutto informale dei bilanci degli ultimi tre anni, elaborati, unitamente alla situazione patrimoniale, in occasione e in funzione del reclamo proposto avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, giacchè gli stessi non sono sottoscritti, non risulta siano stati approvati"; "dalla visura camerale in atti risulta che era stato omesso il deposito di tutti i bilanci fino al 2017".

Non può ritenersi - ha proseguito il giudice del merito - che l'ulteriore documentazione, che è stata prodotta "in alternativa" dalla società, sia sufficientemente significativa al riguardo. "Con riferimento agli anni 2015 e 2016 risultano due registri vendite, in uno dei quali, denominato "Vendite 02", sono registrate fatture recanti la dicitura "bis"; per contro, tutte le dichiarazioni fiscali ai fini della liquidazione IVA, prodotte dalla reclamante, sono state fatte sulla base delle fatture con numerazione ordinaria". Sussiste dunque - ha affermato la pronuncia - una "confusione contabile" nell'ambito della documentazione.

4.- Avverso questo provvedimento la s.r.l. (*) propone ricorso, formulando tre motivi di cassazione.

Resistono, con separati controricorsi, il Fallimento e C.D., quale soggetto che ebbe a presentare l'istanza di fallimento.

Non ha svolto attività difensive la Procura generale.

 

Motivi

5.- Il primo motivo di ricorso lamenta "nullità della sentenza o del procedimento per carenza dei presupposti soggettivi per la dichiarazione di fallimento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) o, in subordine, violazione o falsa applicazione degli artt. 2082, 2221, 2222, 2229, 2230, 2232, 2238 c.c., L. Fall., artt. 1, 15, 18,22 e dell'art. 738 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)".

Ritiene dunque il ricorrente che la società dichiarata fallita sia priva del "requisito di "imprenditorialità"".

"Il Dott. M.B." - così si sviluppa il motivo - "esercita l'attività di investigatore privato", che è "attività palesemente non imprenditoriale, ma libero professionale"; la (*) rappresenta un "mero veicolo societario attraverso il quale il Dott. M. esercita la propria attività individuale"; il "mero utilizzo di una "forma" societaria per l'esercizio di una professione intellettuale non consente di attrarre l'esercizio di quest'ultima nell'area dell'impresa"; "non è assoggettabile a fallimento la società costituita per l'esercizio in via esclusiva di attività professionale".

6.- Il motivo è inammissibile.

Lo stesso infatti sollecita - prima ancora che una valutazione dell'eventuale rispondenza delle tesi così manifestate alla vigente normativa in materia di requisiti di fallibilità - l'esame e la valutazione della catena fattuale che viene nel contempo esposta: dall'identificazione in quanto tale dell'attività svolta da M.B., al carattere puramente strumentale della s.r.l. (*), come pure al rapporto che nel concreto è venuto a intercorrere tra la seconda e il primo. Nei fatti, simile genere di riscontri e giudizi rimane precluso all'attività di questa Corte.

Per completezza è da rilevare, altresì, che il ricorrente nemmeno indica dove, e come, avrebbe sollevato i riportati rilievi nell'ambito dei procedimento del merito.

7.- Il secondo motivo assume "nullità della sentenza o del procedimento per violazione del principio del contraddittorio e del "giusto processo", oltre che per vizi della notifica effettuata in primo grado (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) o, in subordine, violazione o falsa applicazione degli artt. 21 e 111 Cost.; artt. 137,138,139,140,143,145 e 160 c.p.c.; L. Fall., art. 15, comma 3; degli artt. 2475 e 2475 bis c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3").

"La sede effettiva della società" - così si afferma - "è stata trasferita fin dal mese di febbraio 2018". La "vecchia sede, benchè ancora risultante quale sede legale indicata nel registro delle imprese, risulta non più operativa da tempo"; altro è il luogo dove la società "ha il proprio ufficio"; ed è in questo luogo che "il curatore ha agevolmente rintracciato, il giorno stesso della dichiarazione di fallimento, il legale rappresentante di (*)".

Ha quindi errato - si viene per l'effetto ad affermare - la Corte territoriale a non considerare "come la mancata notificazione effettiva alla (*) abbia irrimediabilmente compresso il suo diritto di difesa ex art. 24 Cost. e violato irrimediabilmente il principio del "giusto processo" ex art. 111 Cost. e come tale grave vulnus avrebbe potuto essere evitato, senza alcuna lungaggine procedimentale, interpretando in maniera differente, e corretta, la disciplina in materia di notificazione".

8.- Il motivo non merita di essere accolto.

La giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le più recenti, le pronunce di Cass., 28 ottobre 2019, n. 27539 e di Cass., 26 giugno 2018, n. 16864) è ferma nel ritenere che la norma della L. Fall., art. 15, abbia "introdotto in materia una disciplina speciale, del tutto distinta da quella che, nel codice di rito, regola le notificazioni degli atti dl processo".

Se l'art. 145 c.p.c., "è esclusivamente finalizzato ad assicurare alla persona giuridica l'effettivo esercizio del diritto di difesa" (cfr. Cass., 20 marzo 2014, n. 6559), la norma della L. Fall., art. 15, intende invece mediare e fare convivere la finalità di tutela del soggetto collettivo con quella di "celerità e speditezza" dei procedimenti concorsuali, come caratterizzati dal perseguimento di peculiari interessi di natura pubblica, senz'altro idonei a rendere ragionevole, e adeguato, un meccanismo di tutela del diritto di difesa che tenga in particolare conto le previsioni normative relative all'obbligo di munirsi di un indirizzo pec e alla rilevanza da assegnare alle iscrizioni camerali (su questi punti specifici, si vedano, in particolare, Cass. 20 dicembre 2016, n. 26333 e anche, da ultimo, Cass., 27 febbraio 2020, n. 53111).

9.- Con il terzo motivo, il ricorrente censura "violazione o falsa applicazione della L. Fall., artt. 1,15,18,22 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) o, in subordine, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)".

Nei suoi contenuti, il motivo rileva che la "Corte di Cagliari, in buona sostanza, si è rifiutata di procedere all'accertamento dell'effettivo superamento delle soglie dimensionali di cui trattasi in ragione dell'asserita inattendibilità delle scritture contabili, derivante, nella prospettazione del giudicante, dalla mera irregolarità nella tenuta dei registri "vendite", in quanto contenenti due diverse numerazioni delle medesime fatture"".

La "parziale discrepanza nella numerazione delle fatture" non avrebbe in ogni caso potuto, nè dovuto - così si precisa inoltre -, "precludere l'esame della rimanente documentazione" prodotta in punto di scritture contabili, per contro ignorata dalla Corte cagliaritana.

Con distinto e ulteriore rilievo il motivo segnala, poi, che la pronuncia impugnata non ha preso in alcuna considerazione neppure gli "accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza nel corso del procedimento prefallimentare", che avevano "confermato (i) la sostanziale inesistenza di attivo patrimoniale; (ii) la dimensione dei ricavi lordi ben al di sotto della soglia di Euro 200.000,00 per ciascun esercizio"; (iii) l'esistenza, oltre al debito del creditore procedente (pari a Euro 16.020,15), di soli debiti nei confronti dell'Agenzia dell'Entrata per Euro 114.066,71 e dell'INPS per Euro 46,69".

Aggiunge ancora il ricorrente di avere in più occasioni richiesto fosse disposta, per una conferma dei dati e documenti presentati, un'apposita consulenza tecnica; anche questa richiesta, tuttavia, non aveva ricevuto nessun tipo di riscontro, neanche nell'ambito della impugnata pronuncia.

10.- Nell'avviare l'esame del motivo, appare opportuno muovere da un'osservazione di tratto generale. La giurisprudenza di questa Corte risulta ormai consolidata - è dunque da mettere in evidenza - nel ritenere che la dimostrazione della non sussistenza dei requisiti di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, non venga a soffrire preclusioni o limitazioni particolari.

Se il bilancio di esercizio rimane il "canale privilegiato" per la valutazione di cui all'art. 1 comma 2, ciò è solo nel senso che la sua funzione specifica è proprio quella di rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa a cui fa riferimento, secondo quanto puntualizzato dalla norma dell'art. 2423 c.c., comma 2. La verifica della sussistenza dei requisiti di non fallibilità si manifesta, in altri termini, campo di indagine aperto e disponibile.

A contare in proposito non è, dunque, l'effettiva sussistenza di un dato, particolare documento. A contare è, piuttosto, la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell'impresa medesima, comunque questa sia raggiungibile.

Con la conseguente possibilità di avvalersi dell'intero arco documentale costituito dalle scritture contabili provenienti dalla medesima impresa del cui fallimento si discute (ivi compresa pure la c.d. corrispondenza d'impresa di cui all'art. 2220 c.c.), come pure di qualunque altra documentazione, formata da terzi o dalla parte stessa, che possa nel concreto risultate utile (per questi profili, tra le altre si possono consultare le decisioni di Cass., 23 novembre 2018, n. 30516; di Cass., 11 marzo 2019, n. 6991; di Cass., 18 giugno 2018, n. 16067; di Cass., 26 novembre 2018, n. 30541; di Cass., 27 settembre 2019, n. 24138).

11.- Nel caso di specie, il giudice cagliaritano ha ritenuto l'inattendibilità del registro "vendite", che era stato prodotto dalla società reclamante, e ha ampiamente motivato questa sua valutazione. Attendendo al merito, un simile giudizio sfugge evidentemente al sindacato di questa Corte (cfr., pure per questo riguardo, la decisione di Cass., n. 30516/2018).

Questa parte del motivo risulta, perciò, inammissibile.

12.- La detta valutazione di inattendibilità non risulta tuttavia estesa, nè oggettivamente riferibile, all'ulteriore documentazione che la società reclamante ha tratto dalle proprie scritture contabili. In effetti, questa documentazione ulteriore non viene proprio presa in considerazione dalla sentenza impugnata: nei fatti, questa si limita a prendere atto dell'avvenuta produzione in giudizio di tali documenti ("la reclamante ha quindi prodotto la stampa del libro giornale... delle schede contabili e partitari clienti e fornitori,... dei movimenti bancari e gli estratti conto delle carte di credito relativi agli anni 2015, 2016 e 2017").

Così come, d'altra parte, la sentenza non risulta prendere in nessuna considerazione la documentazione riproduttiva degli accertamenti che sono stati condotti dalla Guardia di Finanza nell'ambito della istruttoria prefallimentare: accertamenti che, per loro natura, comunque si sottraggono a valutazioni generali di (in)attendibilità.

Ciò posto, non vi è poi da dubitare della potenziale decisività della documentazione appena sopra indicata, e il cui esame è stato omesso dal giudice del merito. Tanto quella contabile, quella quella tratta dagli accertamenti prefallimentari della Guardia di Finanza viene ad avere a proprio oggetto diretto, e centrale, l'attività imprenditoriale svolta dalla società, poi dichiarata fallita, e le relative consistenze patrimoniali.

13.- Nei termini e limiti appena sopra tracciati - di omesso esame dei documenti contabili prodotti dalla società, come diversi dai registri "vendite" e dalle copie informali di bilanci, nonchè degli accertamenti posti in essere dalla Guardia di Finanza - il terzo motivo risulta dunque fondato.

14.- In conclusione, dichiarati inammissibili il primo e il secondo motivo di ricorso, va accolto il terzo motivo di ricorso, nei termini sintetizzati nel precedente n. 13.

Di conseguenza, va cassata, per la correlativa parte, la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Cagliari che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

 

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso nei termini e limiti di cui in motivazione; dichiara l'inammissibilità del primo e del secondo motivo. Cassa, per quanto di ragione, la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Cagliari che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Ciovile, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020.