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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25877 - pubb. 15/09/2021.

Contenuto del piano di concordato preventivo e indicazione delle modalità concrete di attuazione del risanamento


Cassazione civile, sez. I, 23 Luglio 2021. Pres. Cristiano. Est. Dolmetta.

Concordato preventivo – Piano – Contenuto – Continuità aziendale – Modalità concrete di attuazione del risanamento


In tema di concordato preventivo, l'art. 161, comma 2, lett. e), l.fall., prescrivendo la presentazione di un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, impone al debitore di esplicitare i passaggi per mezzo dei quali la prestazione può diventare concretamente fattibile ed i modi con cui egli intende raggiungere concretamente il risultato che la proposta consegna ai creditori, onde quest'ultima deve considerarsi sempre sindacabile dal tribunale ove risulti implausibile ovvero manifestamente priva di una ragionevole "chance" di successo. (massima ufficiale)

 

Fatto

1.- Nel luglio 2016, il Tribunale di Foggia ha dichiarato il fallimento di X.M., titolare dell'omonima farmacia, dopo avere dichiarato inammissibile, con distinto decreto, la proposta di concordato preventivo in continuità aziendale, che era stata presentata dal debitore.

Avverso questi provvedimenti X.M. ha presentato reclamo avanti alla Corte di Appello di Bari. Che lo ha rigettato con sentenza depositata in data 22 giugno 2017.

2.- Per quanto qui ancora viene in interesse, la Corte barese ha osservato che, nella proposta di concordato, i ricavi, provenienti dallo svolgimento in futuro dell'attività e previsti per l'arco dei sei anni a venire, "costituiscono la maggior parte delle risorse per la soddisfazione dei creditori, vista l'esiguità del valore dell'immobile in rapporto all'ammontare delle passività".

"La previsione dell'andamento di tali ricavi" - si è subito dopo precisato - "e' stata elaborata nel piano concordatario in riferimento a fattori del tutto generici, estrapolati dall'andamento generale dell'esercizio di attività di farmacia e dalle prospettive di miglioramento del settore": "manca del tutto un'analisi prospettica dei flussi in entrata e, perciò, la giustificazione dell'incremento indicato".

Gli elaborati prodotti evidenziano, piuttosto, le gravi perdite di operatività della farmacia negli ultimi sette anni; e indicano, altresì, che l'attività concretamente svolta è sostanzialmente limitata alla vendita di farmaci e prodotti da banco, con domanda polarizzata sui "farmaci con prescrizione". Come pure segnalano i "numerosi elementi negativi di crescita del mercato farmaceutico".

"In tale quadro" - si è rilevato inoltre - "non è sufficiente prevedere una riduzione dei costi con la contrazione del personale e l'eliminazione della rendita dovuta al cedente"; i "pochi elementi concreti forniti dalla perizia di stima mostrano proprio una contrazione delle entrate". In sostanza, "manca totalmente, in questa proposta, l'analisi delle modalità concrete di attuazione del risanamento e cioè la spiegazione di come la Farmacia possa realizzare ricavi e conseguentemente risultati netti di esercizio via via crescenti, secondo la prospettiva indicata".

Con la conseguenza - si è evidenziato - che la "formulazione della proposta non è compatibile con la disposizione della L.Fall., art. 161, lett. e), per cui il piano deve contenere la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta". La violazione di tale disposizione - si è pure aggiunto - "deve necessariamente passare al vaglio del giudice, essendo presupposto giuridico della successiva valutazione di convenienza rimessa ai creditori".

3.- Avverso questa pronuncia X.M. presenta ricorso per cassazione, articolando tre motivi.

Resiste, con controricorso, il Fallimento relativo. Resistono altresì, con altro controricorso, la s.r.l. V. Farmaceutici e la C. Cooperativa Esercenti farmacia, creditori che presentarono istanza di fallimento.

4.- Il ricorrente ha anche depositato memoria.

 

Motivi

5.- Col primo motivo, il ricorrente afferma la violazione della L.Fall., artt. 160,161,162 e 186 bis.

La Corte barese è fuoriuscita dall'ambito dei poteri rimessi dalla legge al giudice, si sostiene. Nel sistema vigente al giudice spetta unicamente il potere dovere di controllare i requisiti formali della proposta; al ceto dei creditori è per intero rimesso il "potere sovrano di pronunziarsi sulla convenienza della proposta e della credibilità del piano concordatario".

6.- Il motivo non è fondato.

L'orientamento della giurisprudenza di questa Corte, così come si è venuto via via a precisare nel corso degli ultimi anni, ritiene che la "verifica di fattibilità comprende necessariamente anche un giudizio di idoneità, che va svolto rispetto all'assetto d'interessi ipotizzato dal proponente in rapporto ai fini pratici perseguiti dal concordato"; che la conseguente verifica di realizzabilità va svolto nei "limiti della verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati"; che la proposta concordataria deve dunque ritenersi sempre sindacabile, ove la stessa risulti implausibile ovvero manifestamente priva di una ragionevole chance di successo (cfr., così, di recente, Cass., 15 giugno 2020, n. 11522, ove pure la puntuale notazione dell'avvenuto superamento, nella giurisprudenza della Corte, di una "netta distinzione tra controllo dei fattibilità giuridica, sempre consentito, e controllo di fattibilità economica, sempre vietato").

Non pare dubbio, d'altra parte, che la sentenza impugnata abbia seguito un'impostazione di questo tipo. Pure è sicuro che essa abbia valutato l'analisi proposta dal debitore non semplicemente "opinabile" o non "convincente", ma del tutto inidonea - nel rapporto di oggettiva congruità tra il fine perseguito e il mezzo adoperato - a raggiungere il risultato promesso nella proposta concordataria.

7.- Il secondo motivo assume la violazione della norma della L.Fall., art. 162, comma 2.

Rileva in proposito il ricorrente che, "imponendo la descrizione analitica delle "modalità e dei tempi di adempimento della proposta", la legge fallimentare impone all'imprenditore di descrivere "come" e "quando" intende pagare i creditori secondo le percentuali proposte. Egli deve, cioè, indicare le risorse da mettere a disposizione dei creditori, le fonti di tali risorse e un dettagliato cronoprogramma da effettuare". Non di più e di altro.

8.- Il motivo non è fondato.

Il ricorrente propone un'interpretazione restrittiva del testo della norma della L.Fall., art. 161, comma 2, lett. e), che non risulta per nulla giustificata.

La tesi del ricorrente, infatti, risulta coerente con una lettura della norma in cui la "descrizione analitica" dell'adempimento si ferma sulle mere modalità di esecuzione della prestazione di cui alla proposta, ivi pure esaurendosi in toto. Tuttavia, funzione del piano è di fornire uno strumento per potere valutare l'attendibilità e praticabilità della proposta, che viene formulata dal debitore: così da parte dei creditori, come pure, e prima ancora, da parte del tribunale (nei limiti che si sono visti nel precedente n. 6).

Posta questa premessa, non può essere dunque dubbio che - nel contesto del tema delle "modalità dell'adempimento" - rilievo primario venga ad assumere non già il punto dell'esecuzione della prestazione in quanto tale, bensì quello attinente ai passaggi per mezzo dei quali la prestazione può diventare concretamente fattibile. E che, correlativamente, la prescrizione normativa in discorso - per il caso di concordato in continuità - richieda, come correttamente sottolinea la sentenza impugnata, l'"analisi delle modalità concrete di attuazione del risanamento" e quindi la spiegazione relativa al "come" il debitore intende raggiungere concretamente il risultato che la proposta consegna ai creditori.

9.- Il terzo motivo di ricorso lamenta "omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (manifesta inettitudine del piano a dimostrare la fattibilità economica della proposta concordataria) in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5".

Nello svolgimento dei suoi contenuti, il motivo censura la Corte di Appello, rilevando che questa "ha da un lato svalutato, considerandola sostanzialmente irrilevante, la tabella relativa agli indicatori di performance realizzati nel 2014 e nel 2015, riportata a p. 11 del piano, e dall'altro ritenuto "insufficiente" ad assicurare la fattibilità del piano la riduzione delle spese programmata dalla Farmacia".

10.- Il motivo è inammissibile.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la versione vigente della norma dell'art. 360 c.p.c., n. 5 consente che siano presi in considerazioni nell'ambito del giudizio di legittimità solo i fatti storici, il cui esame sia stato omesso dal giudice. Nel caso di specie, lo stesso ricorrente discorre di "sottovalutazione", così facendo riferimento alla diversa materia dei giudizi che risultano formulati dalla decisione del merito.

11.- In conclusione, il ricorso dev'essere respinto.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente Fallimento, come pure dei controricorrenti s.r.l. V. e soc. coop. C. (qui, in ragione del 50% per ciascuno di loro), delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021.