Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25880 - pubb. 15/09/2021

Azione revocatoria e conoscenza dello stato di insolvenza ricavabile dalla notizie stampa: la Cassazione riforma la decisione della Corte d'Appello di Roma

Cassazione civile, sez. I, 31 Agosto 2021, n. 23650. Pres. Cristiano. Est. Caradonna.


Azione revocatoria - Conoscenza dello stato di insolvenza - Notizie stampa - Valutazione - Criteri



In tema di revocatoria fallimentare di pagamenti, ai fini dell'accertamento della conoscenza dello stato di insolvenza, il giudice può avvalersi di presunzioni semplici, valorizzando le fonti di conoscenza rappresentate da una campagna di stampa nei confronti dell'imprenditore insolvente, con una valutazione in concreto delle sue caratteristiche, ovvero del numero delle notizie, della rilevanza nazionale e della dovizia di particolari narrati. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso la prova della "scientia decoctionis" da parte dell'"accipiens", nonostante numerosi articoli della stampa nazionale avessero denunciato l'insolvenza del gruppo societario di cui faceva parte il "solvens"). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


Fatto

1. Con sentenza del 28 maggio 2015, la Corte di appello di Roma ha rigettato l'appello proposto dalla società Cirio del Monte Italia, in A.S., avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 7449/2010, che aveva respinto la domanda, formulata ai sensi della L.Fall., art. 67, comma 2, di inefficacia di tre pagamenti effettuati in favore della società IBM Italia, il 22 gennaio 2003 (di Euro 68.092,80 e di Euro 7.444,80) e il 7 febbraio 2003 (di Euro 1.962,00), per complessivi Euro 77.499,60, e di condanna alla restituzione delle predette somme maggiorate di rivalutazione monetaria ed interessi, per la mancanza di prova del requisito soggettivo della scientia decoctionis. 2. La Corte di appello di Roma ha ritenuto che la società appellante non aveva dato la prova della conoscenza dell'insolvenza e che correttamente il giudice di primo grado aveva escluso la rilevanza dei numerosi articoli di giornali che, nel periodo di tempo in cui erano stati effettuati i pagamenti, avevano riportato notizie sulla crisi in cui si dibatteva il Gruppo Cirio, dato che il dovere di lettura non aveva cittadinanza alcuna nell'ambito dello schema della presunzione, che consentiva, piuttosto, di valorizzare regole di esperienze storicamente accertate; non poteva essere ritenuta idonea nemmeno la pubblicità dei bilanci depositati presso il registro delle imprese, rilevanti solo se dagli stessi emergeva l'esistenza di uno stato di insolvenza in atto e non meramente potenziale e che la verifica del bilancio non era comportamento esigibile da un normale creditore commerciale, a differenza del creditore finanziario; erano privi di rilevanza, perché non pubblicizzati, pure i decreti ingiuntivi, i precetti e le procedure esecutive. 3. Avverso la sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione la società Cirio del Monte Italia con atto affidato a due motivi. 4. La IBM Italia S.p.a. ha depositato controricorso. 5. Le società Cirio del Monte Italia e la IBM Italia hanno depositato memorie difensive. 6. Con ordinanza interlocutoria depositata in data 11 agosto 2017, la VI Sezione Civile-1 di questa Corte ha disposto la trattazione della causa in pubblica udienza "in relazione all'integrazione dell'elemento soggettivo della fattispecie con riguardo alla sussistenza di cd. notizie di stampa". 7. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.

 

Motivi

1. Va preliminarmente rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente per la violazione del principio di autosufficienza, fatta eccezione per quanto si dirà in relazione al secondo motivo, atteso che il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e consente a questa Corte la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass., 4 ottobre 2018, n. 24340). 2. È pure infondata l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente ai sensi dell'art. 348 ter c.p.c., perché la previsione d'inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all'art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello "che conferma la decisione di primo grado", non si applica, agli effetti del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all'11 settembre 2012 (Cass., 11 maggio 2018, n. 11439). 2.1 Nel caso in esame, si legge a pag. 4 del controricorso, che il giudizio di revocatoria fallimentare è stato introdotto con atto di citazione notificato in data 20 giugno 2008. 3. Con il primo motivo la società ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione della L.Fall., art. 67, degli artt. 2901,2697,2727 e 2729 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere la Corte territoriale violato i criteri giuridici sulla formazione della prova critica in materia di revocatoria fallimentare. Si duole la società ricorrente che la Corte territoriale aveva richiesto la prova positiva della conoscenza dello stato di insolvenza della Cirio del Monte, senza valorizzare la prova presuntiva e la conoscibilità degli indici rivelatori della medesima, pur presentando la fattispecie particolari aspetti dirimenti, quali la pubblicazione dei bilanci d'esercizio della debitrice, plurimi articoli di stampa a tiratura nazionale, l'elevata qualità professionale del creditore, la generale e comune conoscenza dello stato d'insolvenza del "gruppo" cui partecipava il solvens, l'anteriorità di procedure monitorie e cautelari, quali sequestri conservativi, intraprese da altri fornitori della Cirio del Monte nell'anno antecedente i pagamenti effettuati in favore della IBM; la Corte di appello aveva commesso anche un errore metodologico laddove non aveva effettuato una valutazione globale dei singoli elementi indiziari specificamente dedotti dalla Curatela. 3.1 Il primo motivo è fondato nei limiti appresso evidenziati. 3.2 La procedura concorsuale, ove solleciti la declaratoria di inefficacia di un atto ai sensi della L.Fall., art. 67, comma 2, deve fornire la prova della sussistenza del presupposto soggettivo della conoscenza dello stato di insolvenza in capo all'accipiens, conoscenza che deve essere effettiva e non meramente potenziale. La prova può essere fornita in via diretta tramite la confessione del convenuto o tramite la prova che l'accipiens sia stato informato, dal solvens o aliunde, dello stato di insolvenza; oppure in via presuntiva offrendo elementi indiziari gravi, precisi e concordanti che "in applicazione del disposto degli artt. 2727 e 2729 c.c., conducano il giudice a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza - rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare - non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore" (Cass., 15 febbraio 2016, n. 2916). Questa Corte ha affermato che l'onere probatorio a carico della procedura concorsuale, ove si faccia ricorso a presunzioni, va inteso nel senso che la certezza logica dell'esistenza dello stato soggettivo può legittimamente dirsi acquisita non quando la conoscenza dello stato di decozione possa ravvisarsi con riferimento a una figura di contraente astratto, dal momento che tale prova risulterebbe inutilizzabile perché correlata a un parametro, del tutto teorico, di "creditore avveduto", bensì quando la probabilità della scientia decoctionis trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali si sia concretamente trovata ad operare, nella specie, la controparte del fallito (Cass., 3 maggio 2012, n. 6686). La sussistenza del requisito della scientia decoctionis, inoltre, non può essere desunta dalla mera conoscibilità dello stato di insolvenza, nè può essere ravvisata per il fatto che l'ignoranza dell'insolvenza sia colpevole; ciò nonostante le presunzioni evincibili da circostanze esterne obiettive tali da indurre ragionevolmente una persona di ordinaria prudenza e avvedutezza a ritenere che la controparte del rapporto si sia trovata in stato di dissesto concorrono a fornire la prova della conoscenza effettiva dello stato di insolvenza. Dunque tramite il ricorso alla prova presuntiva sono valorizzabili anche elementi di fatto che attengano alla conoscibilità dello stato di insolvenza, purché gli stessi siano idonei a fornire la prova per presunzioni della conoscenza effettiva (Cass., 23 settembre 2009, n. 20482; Cass., 28 agosto 2001, n. 11289). Ai fini della dimostrazione del presupposto soggettivo dell'azione assume rilievo, dunque, la concreta situazione psicologica della parte nel momento in cui è stato compiuto l'atto impugnato e non pure la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte; tuttavia, poiché la legge non pone limiti in ordine ai mezzi a cui può essere affidato l'assolvimento dell'onere della prova da parte della procedura concorsuale, gli elementi nei quali si traduce la conoscibilità possono costituire elementi indiziari da cui legittimamente desumere, in via presuntiva, la scientia decoctionis (Cass., 13 marzo 2020, n. 7165). Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte l'accertamento del giudice del merito, in ordine alla conoscenza da parte del creditore, convenuto con l'azione revocatoria fallimentare, dello stato di insolvenza del debitore, integra un apprezzamento di fatto che, se fondato su elementi non controversi ed oggettivamente significativi e se sorretto da congrua e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità (Cass., 17 luglio 2007, n. 15939;Cass., 8 febbraio 2019, n. 3854). Questa Corte ha, altresì, affermato che in tema di presunzioni è incensurabile in sede di legittimità l'apprezzamento del giudice di merito circa l'opportunità di fondare la decisione sullo strumento di prova presuntiva e circa la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare gli elementi di fatto come fonti di presunzione, sempre che la motivazione adottata al riguardo sia congrua dal punto di vista logico, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni (Cass., 14 maggio 2005, n. 10135). 3.3 Nell'ambito così delineato, la questione che, nel caso di specie, va esaminata è se la pubblicazione di articoli di giornale che riportano la notizia della crisi di una società, poi, dichiarata fallita, possa essere valorizzata, ai fini indiziari, al fine di presumere la conoscenza dello stato di insolvenza in capo al soggetto che ha ricevuto i pagamenti, poi, oggetto di azione revocatoria fallimentare. 3.4 Questa Corte ha già affermato che, ai fini dell'accertamento della scientia decoctionis il giudice può avvalersi di presunzioni semplici, come quella fondata sul fatto che, secondo l'id quod plerumque accidit, una notevole parte della popolazione (ivi inclusa quella che dirige o collabora all'attività d'impresa) sia solita consultare la stampa ed informarsi di quanto essa pubblica, comprese le notizie relative allo stato di dissesto della società poi fallita (Cass. 8 febbraio 2017, n. 3299; Cass. 2 maggio 2019, n. 11546). In particolare, questa Corte, nella sentenza 8 febbraio 2017, n. 3299, citata, in una fattispecie riguardante specificamente la Cirio del Monte Italia S.p.a., ha affermato la piena idoneità della pubblicazione di articoli di stampa - che anche in quel caso era stata svalutata in astratto dal giudice a quo sulla base dell'inesistenza di un dovere di lettura - a costituire indizio da cui - assieme ad altri - potere trarre la prova della sussistenza della scientia decoctionis da parte dell'accipiens, e ha specificamente richiamato: "a) Cass. Sez. I, Sentenza n. 4762 del 2007 "la circostanza che esso rivesta la qualità di istituto bancario non è di per sé determinante, neppure se correlata al parametro (del tutto teorico) del creditore avveduto, ma viene in considerazione solo in presenza di concreti collegamenti con i sintomi conoscibili dello stato d'insolvenza, quali notizie di stampa, risultanze di bilancio, protesti, procedure esecutive, etc.; b) Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1719 del 2001 ("Nella specie la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha respinto lo specifico motivo di ricorso, osservando che la sentenza impugnata aveva correttamente fondato la prova della "scientia decoctionis", non sulla mera qualità professionale della banca, ma sulla esistenza di segni esteriori dello stato di insolvenza - notizie di stampa; risultati del bilancio; protesti - e sulla percezione di tali sintomi da parte di quel soggetto professionalmente qualificato"); c) Cass. Sez. 1, Sentenza n. 699 del 1997 ("Nella specie, la sentenza confermata dalla S.C. aveva accolto l'azione revocatoria evidenziando le imponenti manifestazioni dell'insolvenza del debitore, quali le numerose procedure ingiunzionali, le notizie di stampa, il ritiro del credito bancario, la sospensione dei lavori da parte delle imprese subfornitrici". Questa Corte ha, quindi, concluso evidenziando che l'inesistenza di un dovere di lettura della stampa (come già detto posto a fondamento del ragionamento svolto dal giudice di merito) non escludeva che, in concreto, secondo l'id quod plerumque accidit, una notevole parte della popolazione (ivi inclusa quella che dirige o collabora all'attività d'impresa) sia solita consultare la stampa ed informarsi di quanto essa pubblica, oltre che per curiosità, anche per propria utilità.

3.5 Questo Collegio condivide le richiamate argomentazioni, avuto riguardo anche ai principi espressi in tema di prova indiziaria, in applicazione dei quali, il ragionamento presuntivo del giudice di merito deve essere ancorato non a un parametro astratto, bensì alle condizioni economiche e organizzative in cui l'accipiens, quale imprenditore dotato di struttura organizzativa in grado di recuperare le informazioni più aggiornate direttamente connesse con la sua attività, si trova a operare. Il giudice di merito dunque, nel valorizzare le fonti di conoscenza, non deve ragionare in termini astratti, ma deve tenere in considerazione le risultanze del caso concreto, ovvero, per quel che rileva in questa sede, deve valutare nello specifico le caratteristiche della campagna di stampa e più precisamente, il numero di notizie pubblicate, il loro carattere nazionale o meno, la descrizione della gravità della situazione ivi rappresentata e la dovizia dei particolari in esse contenuti, tutti argomenti idonei per determinare se l'accipiens sia venuto o meno a conoscenza della crisi dell'impresa.

3.6 In ragione dei principi esposti, deve ritenersi che la pronuncia impugnata non sia conforme a diritto giacché i giudici di merito, a fronte di n. 41 articoli relativi al gruppo Cirio editi, anche via web, in un periodo temporale compreso tra il 10 settembre 2002 e il 3 aprile 2003 (lo stato di insolvenza è stato dichiarato con sentenze del 7 e 14 agosto 2003 e l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria è stata disposta con decreto del 10 ottobre 2003) hanno, con motivazione estremamente assertiva, affermato che correttamente "il primo giudice avevano escluso la rilevanza dei pur numerosi articoli di giornali, che, nel periodo in cui erano stati effettuati i pagamenti, riportavano notizie sulla crisi in cui si dibatteva il gruppo Cirio"; che le informazioni riportate dalla stampa non potevano ritenersi "di per sé rilevatrici di una sicura conoscenza del dissesto" e che "il dovere di lettura non ha cittadinanza nell'ambito dello schema della presunzione".

3.7 La Corte territoriale ha operato, quindi, in termini astratti e non concreti, non ancorando il proprio ragionamento presuntivo alle effettive condizioni economiche e organizzative dell'accipiens, soggetto imprenditore dotato di struttura organizzativa e in grado di recuperare le informazioni più aggiornate direttamente connesse con la sua attività. Ancora la Corte di appello, nel valorizzare le fonti di conoscenza rappresentate dalle notizie di stampa, non ha valutato le caratteristiche della campagna di stampa, ovvero, per quanto già detto, il numero di notizie pubblicate, il loro carattere nazionale, la descrizione della gravità della situazione ivi rappresentata e la dovizia dei particolari in esse contenuti, tutti elementi rilevanti al fine di trarre la prova della sussistenza della scientia decoctionis.

3.8 La sentenza impugnata, nei limiti di quanto argomentato, va pertanto cassata. 4. Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla totale pretermissione della circostanza che tra le parti vi fosse un rapporto di joint venture perdurante dal 1999, tale per cui la IBM non poteva essere considerata alla stregua di qualsiasi operatore medio (sub specie di fornitore) e che tale circostanza, se correttamente esaminata, avrebbe determinato un diverso esito della controversia. 4.1 II motivo è inammissibile poiché si tratta di censura formulata per la prima volta in questa sede. 4.2 Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso (Cass., 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., 13 giugno 2018, n. 15430; Cass., 13 agosto 2018, n. 20712). I motivi del ricorso per cassazione devono investire, infatti, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito nè rilevabili d'ufficio e si ha questione nuova, come tale preclusa nel giudizio di cassazione, ogni volta che la parte ricorrente ponga, a base della sua censura, la violazione di una norma di diritto non invocata davanti ai giudici di merito e si richiami, per sostenerne l'applicabilità, ad elementi di fatto non dedotti nelle precedenti fasi del giudizio (Cass., 27 novembre 1999, n. 13256; Cass. 30 marzo 2007, n. 7981; Cass. 25 ottobre 2017, n. 25319) 4.3 Ed invero, nella decisione impugnata la questione prospettata con la dedotta censura, ovvero l'omesso esame del rapporto di joint venture esistente tra le parti dal 1999, tale per cui la IBM non poteva essere considerato alla stregua di qualsiasi operatore medio (che, in verità, la controricorrente assume essere intercorso con altro soggetto societario, la Cirio Finanziaria S.p.a., ed essere cessato il 10 giugno 2000, quando la società Nuova Agritalia Informatica S.r.l. era divenuta di esclusiva proprietà di IBM) non risulta in alcun modo esaminata, ragion per cui deve ritenersi che essa sia stata proposta per la prima volta in questa sede. Ciò senza prescindere dalla circostanza che, secondo la stessa prospettazione della società ricorrente, non sussisterebbe l'omesso esame di fatto decisivo, poiché la qualità di creditrice della Nuova Agritalia Informatica S.r.l. (già Cirio Information Tecnology S.r.l.), società del gruppo IBM" nei confronti del gruppo Cirio, per l'ammontare di vecchie Lire 9.483.000.000 - risultava dall'estratto del bilancio aggiornato al 1999, i cui dati erano stati presi in considerazione dai giudici di merito e considerati irrilevanti ai fini della dimostrazione della scientia decoctionis. 5. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione al primo motivo, nei limiti di cui in motivazione, e la causa va rinviata alla Corte distrettuale indicata in dispositivo, la quale provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e nei limiti di cui in motivazione, e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Dep. 31 agosto 2021.