CrisiImpresa


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 29/11/2023 Scarica PDF

Procedure di sovraindebitamento: venti proposte per il correttivo

Giuseppe Limitone, Fabio Cesare, Andrea Ferri, Astorre Mancini, Fabiola Tombolini, Giuseppe Limitone, Pres. sez. Tribunale di Vicenza. Fabio Cesare, Avvocato in Milano. Andrea Ferri Dottore Commercialista in Bologna. Astorre Mancini, Avvocato in Rimini. Fabiola Tombolini, Avvocato in Ancona


Premessa

Il Codice della Crisi introdotto, da ultimo, con le modifiche apportate dal d.l. 83/2022 non ha visto interventi incisivi sul sovraindebitamento, sia a causa della minor importanza assegnata alle procedure ‘minori’, sia perché, forse, la materia risulta poco istintiva persino per i magistrati dell’ufficio legislativo: è evidente, comunque, la scelta frettolosa del legislatore di limitarsi ad un innesto degli istituti della legge 3/2012, peraltro riformati con la legge 176/2020, nella nuova architettura codicistica, senza una particolare attenzione alle peculiarità proprie di tali strumenti regolatori, rivolti ad una particolare categoria di debitori.

Tuttavia, la confusione creata dal variegato approccio interpretativo emerso in questo anno e mezzo in sede giurisprudenziale necessita di una rapida risposta, anche organica, se si vuole evitare una ulteriore fonte di disgregazione sociale, perché l’ampio novero di soggetti a cui si rivolge la normativa - debitori che intendono accedere alla giurisdizione versando, spesso, le ultime risorse disponibili - ha bisogno di tutto tranne che dell’incertezza applicativa dei tribunali, acuita dall’intuibile tradizionalismo degli operatori del diritto, spesso non formati per comprendere una normativa che disciplina ampie deroghe a principi fondanti l’ordinamento, quali l’affidamento, la tutela del credito e la garanzia patrimoniale generica.

Un gruppo di operatori e studiosi della materia intendono proporre semplici regole che siano in grado di smussare le maggiori oscillazioni ermeneutiche a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, che possono frustrare l’applicazione dell’intera normativa, con l’obiettivo di stimolare il legislatore dell’ennesimo Correttivo a recepire le osservazioni di chi vive quotidianamente queste incertezze e ha l’arduo compito di spiegarle ai sovraindebitati, magari proponendo impugnazioni al solo fine di recuperare la sacrosanta certezza del diritto.

Le Venti Proposte succintamente elaborate, vengono qui di seguito esposte in estrema sintesi e senza particolari argomentazioni dottrinarie a supporto, nella convinzione che esse appariranno di immediata percezione a coloro i quali, dall’entrata in vigore del Codice della Crisi, hanno avuto la sorte di vivere nella più assoluta incertezza interpretativa, secondo il noto brocardo ‘tribunale che vai, giurisprudenza che trovi’.

   

1. Prededuzione nel concordato minore

Va sancita la natura prededucibile dei crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato minore, atteso l’obbligo di difesa tecnica stabilito per l’accesso a tale procedura negoziale, al pari di quanto già previsto per i crediti professionali nel concordato preventivo dal primo comma, lett. c), dell’art. 6 CCII, considerato che la giurisprudenza di merito ha mostrato oscillazioni circa l’ammissibilità di un’applicazione analogica al concordato minore della disposizione generale contenuta nel predetto articolo.

Si propone, dunque, l’integrazione dell’art. 6 CCII nei seguenti termini:

 

Articolo 6

Prededucibilità dei crediti

1. Oltre ai crediti così espressamente qualificati dalla legge, sono prededucibili:

a) i crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese dall’organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento;

b) i crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che gli accordi o il piano siano omologati;

c) i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo o concordato minore nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell’articolo 47 o dell’articolo 78;

d) i crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi.

2. […]

 

2. Imprenditore individuale cancellato dal r.i.

In giurisprudenza è emersa una interpretazione letterale e restrittiva dell’art. 33, co. 4, CCII, per cui la cancellazione dal registro delle imprese preclude l’accesso dell’imprenditore al concordato minore (ovviamente liquidatorio), con un effetto negativo di sistema derivante anche dalla negata possibilità di definire la debitoria c.d. promiscua con lo strumento della ristrutturazione ex art. 67 CCII.

Tale orientamento è basato su di una premessa non esplicitata, e cioè che dopo la cancellazione l’imprenditore non esiste più, e quindi non possa proporre alcuna soluzione concordataria perché estinto, la qual cosa, se può valere per le società ex art. 2495 c.c., non ha alcun valore per l’imprenditore individuale, che non si estingue con la cancellazione della sua impresa e rimane, invece, anche successivamente responsabile delle relative obbligazioni con tutto il suo patrimonio, a differenza della società.

Si propone, perciò, di chiarire che la norma in questione si riferisce solo all’imprenditore collettivo e non anche all’imprenditore individuale, così da consentire il concordato minore liquidatorio all’imprenditore individuale cancellato.

Si propone la seguente integrazione dell’art. 33 CCII.

     

Articolo 33

Cessazione dell’attività

1. […]

2. […]

3. […]

4. La domanda di accesso alla procedura di concordato minore, di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti presentata dall'imprenditore costituito in forma di società cancellato dal registro delle imprese è inammissibile.

 

3. Accesso necessario alle banche dati

Il previgente art. 15, co. 10, l. n. 3/2012 statuiva la possibilità di accesso alle banche dati da parte dell’OCC, “per lo svolgimento dei compiti e delle attività previsti dal presente capo”, quindi in chiara chiave di strumentalità efficiente.

Il Codice della Crisi non prevede, incomprensibilmente, analoga previsione, malgrado non siano affatto venute meno le esigenze sottese all’accesso.

È, invero, sempre necessario accedere alle banche dati, sia per non fuorviare i creditori ed il giudice con dati inveritieri o incompleti, inficianti le proposte negoziali (piano di ristrutturazione e concordato minore) o liquidatorie (liquidazione controllata), sia per evitare le responsabilità penali previste per l’OCC per le false attestazioni.

Tale possibilità, rectius potere-dovere, di accesso era prevista perché l’OCC doveva attestare sia la veridicità delle informazioni rilevanti fornite dal debitore, sia la fattibilità del piano di risanamento, con l’intuitivo corollario del doveroso riscontro di quanto rappresentatogli dal debitore mediante il ricorso a fonti autonome di conoscenza, anche in ragione del ruolo di terzietà del gestore, quale ausiliario di giustizia che compie attività surrogate del giudice, in una logica di degiurisdizionalizzazione delle procedure di risanamento, caratterizzate appunto (non dall’assenza totale di un controllo terzo, ma) dalla presenza di un organo quale l’OCC che svolge le funzioni istruttorie del giudice.

Considerato che le esigenze di indagine sorgono fin dalla nomina del gestore da parte di un organismo privato come l’OCC, appare opportuna la previsione del preventivo assenso del debitore, tenuto anche conto che l’attività potrebbe non sfociare nella domanda giudiziale di accesso ad una procedura.

Si propone perciò l’introduzione di un quarto comma all’art. 65 CCII, nei termini che seguono.

   

Articolo 65

Ambito di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento

1. […]

2. […] 

3. […]

4. Si applica l’articolo 14, con riferimento anche alle fonti informative di cui all’articolo 49, comma 3, lett. f). La prestazione del consenso del debitore è condizione di procedibilità per l’accesso alle procedure di sovraindebitamento.

   

4. Misure cautelari e protettive

Negli strumenti negoziali di sovraindebitamento - ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII e concordato minore ex art. 74 CCII - la possibilità di accordare le misure protettive è ammessa contestualmente all’apertura della procedura, dunque a seguito del deposito della domanda di accesso e contestualmente ad una cognizione ‘piena’ della stessa, in uno al vaglio di ammissibilità.

Al contrario, la prassi evidenzia numerose situazioni di sovraindebitati i cui beni immobili risultano già assoggettati ad esecuzione forzata e con aste fissate a breve.

Inoltre, l’attuale disciplina delle misure protettive nelle procedure di sovraindebitamento appare non uniforme, se è vero che:

- nella ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII, è solo previsto un automatic stay senza possibilità di accordare misure cautelari diverse, né menzione alcuna alla protezione del patrimonio da ipoteche giudiziali iscritte dai creditori anteriori, come è invece previsto per il concordato minore;

- nel concordato minore ex art. 74 CCII nulla è prescritto per le misure cautelari, mentre si esplicita la possibilità di accordare protezione rispetto alle azioni esecutive individuali, ai sequestri conservativi ed alla acquisizione di diritti di prelazione sul patrimonio, nulla disponendo la norma in merito alla protezione della prosecuzione della continuità aziendale o professionale del debitore;

- nella liquidazione controllata ex art. 268 CCII, se proposta dal debitore, non sono ipotizzabili, durante l’istruttoria,  misure protettive o cautelari in suo favore; se proposta dal creditore, le cautele e protezioni degli artt. 54 e 55 CCII possono essere richieste solo dal debitore che intenda proporre una domanda di soluzione negoziata del sovraindebitamento, durante il termine a lui concesso per proporre le relative domande, ex art. 271 CCII.

La disciplina del Codice già prevede all’art. 65 CCII un aggancio alle norme generali sulle ‘misure protettive e cautelari’ di cui agli artt. 54 e 55 CCII ma la giurisprudenza formatasi sul punto ritiene che non vi sia spazio per il rinvio operato dal secondo comma del predetto art. 65 CCII, per carenza di entrambi i presupposti ivi previsti.

In particolare,

a)   si ritiene incompatibile il richiamo generalizzato alle predette disposizioni generali prevedendo esse l’efficacia delle misure a far data dalla pubblicazione nel registro delle imprese, ciò che limiterebbe il richiamo ad una sola categoria di soggetti sovraindebitati, appunto gli imprenditori iscritti nel registro;

b)   si ritiene, comunque, presente una disciplina specifica rappresentata, appunto, dalla espressa previsione di misure protettive rese dal Giudice contestualmente all’apertura della procedura, per cui non ricorrerebbe il presupposto della ‘assenza di disciplina’ specifica richiesto dall’art. 65 c.2 CCII per il rinvio agli artt. 54 e 55 CCII.

Si propone dunque l’inserimento di una norma ad hoc nel titolo IV, capo II, sezione I, rubricato “Disposizioni di carattere generale”, il cui tenore letterale potrebbe essere il seguente:

 

Articolo 65 bis

Misure protettive e cautelari nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento

1. I debitori di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) possono richiedere in via anticipata la protezione del proprio patrimonio, o dei beni e diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa o professionale, mediante le misure protettive e cautelari che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare provvisoriamente l’attuazione delle sentenze di omologazione ex articolo 70 comma 7 e articolo 80 comma 1 o di apertura della procedura di liquidazione controllata, ivi compreso il divieto di acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore.

2. Le misure protettive e cautelari possono essere richieste dal debitore anche prima del deposito della domanda di accesso ad una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, allegando l’elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute e delle cause di prelazione, e una descrizione sommaria della consistenza e della composizione del proprio patrimonio, nonché una dichiarazione dell’OCC che attesti che la proposta di accordo o la domanda di apertura della liquidazione è in corso di predisposizione.

3. Il giudice dispone le misure senza preventiva fissazione di udienza ed omesso ogni contraddittorio, allo stato degli atti, verificata in via sommaria la documentazione prescritta dall’articolo 2 ed i requisiti soggettivi ed oggettivi di accesso del debitore alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento.

4. Le misure protettive sono revocabili su istanza dell’OCC o dei creditori, o anche d'ufficio, in caso di atti in frode. Il giudice, salvo che l'istanza di revoca non sia palesemente inammissibile o manifestamente infondata, sente le parti, anche mediante scambio di memorie scritte e provvede con decreto.

5. Il giudice, se concede le misure, dispone la pubblicazione del decreto in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro dieci giorni, a cura dell'OCC, a tutti i creditori.

6. Gli effetti delle misure protettive decorrono dalla pubblicazione di cui al terzo comma e cessano decorsi i novanta giorni successivi, salvo proroga da chiedere prima della scadenza in presenza di giustificati motivi.

7. Per quanto non espressamente previsto nel presente articolo, si applicano gli articoli 54 e 55, in quanto compatibili.

 

5. Procedure familiari

La disciplina delle procedure familiari, a suo tempo introdotta in modo innovativo nel Codice e anticipata persino nella legge 3/2012, risponde a una esigenza particolarmente sentita, laddove ha offerto, nelle applicazioni pratiche, una efficace procedura ai molti casi di sovraindebitamento che coinvolgono interi nuclei familiari.

Peraltro non è infrequente nei fatti che con la crisi economica si registri anche la crisi familiare; proprio il largo ricorso a queste procedure, attese le esigenze di economicità e gestione di situazioni complesse, ha evidenziato l’utilità di una maggiore accessibilità alla trattazione di un unico progetto di risoluzione della crisi.

In giurisprudenza sono emerse alcune difficoltà applicative originate dalla molteplicità delle situazioni concrete prospettabili, per cui è auspicabile una più precisa previsione della norma, in primo luogo in ordine ai soggetti coinvolti, precisando l’accessibilità allo strumento anche da parte di ex coniugi, per cui nonostante lo scioglimento del vincolo si rende opportuna una trattazione unitaria della crisi familiare, con un interesse che sopravvive, appunto, allo scioglimento del vincolo (si pensi ai casi di famiglie con figli).

Sul fronte processuale, attesa la prassi emersa, si propone il chiarimento circa la facoltà e non l’obbligo di riunione e collegamento di procedure di regolazione della crisi attivate singolarmente dai membri di una famiglia, nonché in ordine alla competenza territoriale in caso di deposito di procedura unitaria familiare per soggetti con residenza in circoscrizioni differenti.

La soluzione proposta nello specifico è conforme agli ordinari principi della connessione, sia oggettiva che soggettiva, per cui si propone come criterio di competenza, per la domanda unitaria, il foro del familiare che presenta la debitoria più rilevante.

Il tutto senza scalfire il principio della divisione delle masse attive e passive diverse, che sottende le procedure familiari.

Si propone, dunque, la seguente riformulazione della norma.

         

Articolo 66

Procedure familiari

1. I membri della stessa famiglia possono presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune. Quando uno dei debitori non è un consumatore, al progetto unitario si applicano le disposizioni della sezione III del presente capo.

2. Ai fini del comma 1, oltre al coniuge e all’ex coniuge, si considerano membri della stessa famiglia i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell'unione civile e i conviventi di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016, n.76, anche successivamente allo scioglimento dell’unione civile o della cessazione della stabile convivenza.

3. Le masse attive e passive rimangono distinte.

4. Nel caso in cui siano presentate più richieste di risoluzione della crisi da sovraindebitamento riguardanti membri della stessa famiglia, avanti allo stesso giudice, il giudice adotta i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento o la riunione. Se le richieste pendono avanti a giudici di uffici giudiziari diversi, le parti possono chiederne la riunione davanti al giudice adito per primo.

4 bis. Ai fini della presentazione di un unico progetto di risoluzione della crisi familiare, quando, per i membri della famiglia, le procedure di risoluzione della crisi da sovraindebitamento a norma dell’articolo 27 dovrebbero essere proposte davanti a giudici di uffici giudiziari diversi, la procedura familiare deve essere proposta davanti al tribunale competente per il debitore principale, inteso come il soggetto tra gli istanti che risulta aver maturato la maggiore esposizione debitoria, per essere trattata nello stesso procedimento.

5. La liquidazione del compenso dovuto all'organismo di composizione della crisi è ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all'entità dei debiti di ciascuno.

 

6. Moratoria nella procedura del consumatore

La moratoria nella l. 3/2012 trovava un’unica regola per entrambe le procedure negoziali, all’art. 8, c. 4, rubricato “Contenuto dell’accordo o del piano del consumatore”.

Con l’entrata in vigore del Codice lo scenario è mutato radicalmente, ove si consideri che nel compendio di norme dedicate alle procedure di sovraindebitamento il legislatore ha ritenuto di non riprodurre il disposto già contenuto nell’art. 8, c. 4, l. 3/2012, per cui, in tema di moratoria dei creditori privilegiati, nulla è prescritto per le procedure di sovraindebitamento.

Ma se nel concordato minore, in continuità e nel tipo liquidatorio, è richiamata la disposizione sulla moratoria nel concordato preventivo (art. 86 CCII), analoga operazione ermeneutica appare inammissibile con riferimento alla ristrutturazione dei debiti del consumatore.

Si deve, dunque, prendere atto che nel Codice la procedura del consumatore non conosce alcuna disposizione in tema di moratoria dei privilegiati, ciò che ha condotto una prima giurisprudenza ad ammettere la moratoria solo laddove i creditori interessati prestino preventivamente il proprio assenso, con l’introduzione di elementi distorsivi di negozialità in una procedura che esclude la fase di votazione dei creditori.

Si propone, dunque, la seguente integrazione della norma.

 

Articolo 67

Procedura di ristrutturazione dei debiti

1.      […]

2.      […]

3.  […]

3bis. Il piano può prevedere una moratoria per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.

4.  […]

5.      […]

6.      […]

 

7. La distribuzione del valore nella procedura del consumatore

In giurisprudenza ci si è posti il problema della portata effettiva della disposizione dell’art. 67 CCII, in riferimento al “contenuto libero” della proposta del consumatore e del trattamento “parziale e differenziato” dei creditori.

A fronte di alcune pronunce che hanno ammesso l’allocazione libera delle risorse, spesso disponibili in misura davvero ridotta, allo scopo di consentire la fattibilità del piano di ristrutturazione ed un soddisfacimento non irrisorio per tutti i creditori, un’altra giurisprudenza ha ritenuto di dover valutare le proposte del consumatore alla stregua dei rigorosi criteri di distribuzione derivanti dagli artt. 2740 e 2741 c.c., tenuto conto che il legislatore del Codice ha ammesso deroghe a tali principi solo nell’ambito di strumenti di risoluzione della crisi segnati da forti elementi di negozialità e, quindi, disciplinati da una fase di votazione della proposta da parte dei creditori, esclusa nello strumento ex art. 67 CCII.

In realtà, il particolare favore accordato dal legislatore alla speciale procedura di ristrutturazione del debiti del consumatore - quale soggetto più debole tra tutti i debitori ammessi alle procedure concorsuali - si evince da una serie di elementi quali il carattere, appunto, ‘differenziato’ della proposta, la possibilità di proseguire il mutuo ipotecario sull’abitazione anche sottraendo risorse ai creditori e la previsione del giudizio di convenienza, cui è tenuto il giudice, solo in caso di contestazione da parte di un interessato.

Si riformula, dunque, l’art. 67 CCII nei termini che seguono.

 

Articolo 67

Procedura di ristrutturazione dei debiti

1. Il consumatore sovraindebitato, con l'ausilio dell'OCC, può proporre ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che indichi in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento. La proposta ha contenuto libero e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma, anche in deroga agli articoli 2740 e 2741 c.c., fermo in ogni caso il giudizio di convenienza ai sensi dell’articolo 70, comma 9, in caso di contestazione di uno dei creditori o qualunque altro interessato.

3. […]

4. […]

5. […]

6. […]

 

8. La prosecuzione del mutuo ipotecario nel concordato minore

Con riferimento alla previsione della prosecuzione del mutuo ipotecario nelle procedure negoziali di sovraindebitamento, come noto la legge 3/2012 - tenuto conto che la disciplina era contenuta in un’unica disposizione, l’art. 8 - rendeva possibile l’applicazione della fattispecie c.d. ‘incrociata’, per cui nell’ambito dell’accordo di composizione, proponibile anche dal consumatore, ben poteva il debitore richiedere la prosecuzione del mutuo ipotecario gravante sull’immobile adibito ad abitazione, non già sul bene strumentale, per cui non era esclusa la possibilità, per il sovraindebitato che avesse maturato debiti d’impresa, di impostare una proposta di accordo finalizzata al ‘salvataggio’ dell’abitazione.

Con il Codice della Crisi le due fattispecie sono state disciplinate distintamente in istituti diversi, la ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 67, c.5, CCII) e il concordato minore (art. 75, c.3, CCII).

Nel concordato minore, a cui non accede il consumatore, è ora prevista la sola fattispecie di prosecuzione del mutuo sul bene strumentale d’impresa, pur essendo frequente l’ipotesi dell’imprenditore o del professionista indebitato che, se da un lato ha maturato debiti nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale, dall’altro lato ha cercato di preservare il proprio immobile residenziale proseguendo regolarmente nel pagamento delle rate del mutuo assistito da garanzia ipotecaria sullo stesso. 

Essendo le due fattispecie di prosecuzione del mutuo rigorosamente distinte, ed addirittura inserite come opzioni normative in procedure diverse, una prima giurisprudenza ha ritenuto preclusa tale possibilità all’imprenditore minore o al professionista, stante la specialità della fattispecie ed il tenore letterale del terzo comma dell’art. 75 CCII, ciò malgrado venga in evidenza un profilo di incostituzionalità della norma per irragionevolezza, risultando impedita la speciale tutela dell’abitazione all’imprenditore minore o al professionista a causa della tipologia di debiti maturata.

Si propone la modifica del predetto comma con l’indicazione espressa della possibilità di prosecuzione del mutuo ipotecario avente ad oggetto l’abitazione principale, riservando, peraltro, la speciale attestazione dell’OCC alla solo fattispecie del mutuo gravante su bene strumentale all’esercizio dell’impresa.

 

Articolo 75

Documentazione e trattamento dei crediti privilegiati

1.      […]

2.      […]

3. Quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante sull’abitazione principale o su beni strumentali all'esercizio dell'impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L'OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione dei beni strumentali all'esercizio dell'impresa effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.

 

9. Reclamo avverso i decreti di inammissibilità

L’impugnabilità dei provvedimenti resi nelle procedure di ristrutturazione dei debiti del consumatore e concordato minore è regolata nel Codice con esclusivo riferimento all’ipotesi del reclamo avverso la sentenza di omologa o il decreto di rigetto dell’omologa; in entrambi i casi la competenza per il reclamo è della corte d’appello, in forza dei richiami agli artt. 50 e 51 (art. 70 c. 8, art 70 c.12, art. 80 c. 7).

Non vi è, invece, una disposizione espressa per la reclamabilità di provvedimenti che accertino la mancanza delle condizioni di ammissibilità delle proposte, resi al primo esame della domanda (art. 70 c.1 e artt. 77 e 78), in una fase preliminare all’analisi delle ragioni di merito e all’articolato procedimento che si svolge in contraddittorio con i creditori e porta poi al vaglio delle condizioni di omologa.

In mancanza di una previsione espressa, la questione è stata sollevata dinanzi a diversi giudici del merito, che di volta in volta hanno fornito soluzioni difformi circa la competenza al reclamo in capo al tribunale piuttosto che alla corte d’appello. Ciò in ragione dello sforzo interpretativo richiesto nel silenzio della norma, per cui si è fatto ricorso, con diverse motivazioni, al richiamo per analogia o in via indiretta (ad esempio con applicazione dell’art 47, c. 5, dettato per il concordato preventivo).

L’obiettiva incertezza non è stata fugata dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 22699 del 26.7.2023, su rinvio pregiudiziale ex art 363 bis c.p.c. formulato dalla Corte d’Appello di Firenze anche in merito a tale questione processuale, pur essendo stata riconosciuta la novità e criticità della questione “mancando sul piano processuale un rimedio per questi provvedimenti negativi del giudice monocratico, peraltro assunti in prevalenza in assenza di contraddittorio, in un sistema processuale che non esclude in astratto questa possibilità, essendo presenti una pluralità di modelli processuali applicabili analogicamente, sia mediante reclamo alla Corte d’Appello che al tribunale in composizione collegiale”.

Si rende, quindi, opportuna una chiara indicazione normativa, in favore della certezza e uniformità delle soluzioni prospettabili, indicando i termini di reclamabilità dei decreti di inammissibilità delle proposte e il giudice competente (Tribunale, piuttosto che Corte d’Appello), secondo il modello che sembra più prossimo, quale può essere quello indicato in tema di concordato preventivo (art. 47, c.5 CCII).

Si propongono le seguenti integrazioni all’art. 70 (ristrutturazione dei debiti del consumatore) e all’art. 78 (concordato minore).

Articolo 70

Omologazione del piano

1. Il giudice, se la proposta e il piano sono ammissibili, dispone con decreto che siano pubblicati in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro trenta giorni, a cura dell'OCC, a tutti i creditori.

1 bis. Il giudice, quando accerta la mancanza delle condizioni di ammissibilità della proposta, sentito il debitore, con decreto motivato dichiara inammissibile la proposta. Il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.

2. […]

3. […]

4. […]

5. […]

6. […]

7. […]

8. […]

9. […]

10. […]

11. […]

12. Contro il decreto di cui al comma 1 bis e comma 10 è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 50.

Oppure:

13. Il decreto di cui al comma 1 bis è reclamabile dinanzi al Tribunale nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. Il Tribunale, sentito il debitore, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile.

 

Articolo 78

Procedimento

1. Il giudice, se la domanda è ammissibile, dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo e dispone la comunicazione, a cura dell’OCC, a tutti i creditori della proposta e del decreto.

1 bis. Il giudice, quando accerta la mancanza delle condizioni di ammissibilità della proposta, sentito il debitore, con decreto motivato dichiara inammissibile la proposta. Il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.

2.[…]

2-bis.[…]

3.[…]

4.[…]

5.[…]

6. Contro il decreto di cui al comma 1 bis è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 50.

Oppure:

7. Il decreto di cui al comma 1 bis è reclamabile dinanzi al Tribunale nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. Il Tribunale, sentito il debitore, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile.

 

10. Liquidazione Controllata in assenza di beni

Nel vigore della l. 3/2012 non era contemplata la possibilità di apertura di una liquidazione del patrimonio senza beni; l’ipotesi deve essere considerata dopo l’entrata in vigore del Codice, malgrado la giurisprudenza si sia divisa tra chi l’ha ammessa e chi ha ritenuto l’antieconomicità della procedura assolutamente ostativa all’apertura della stessa, in assenza di beni o redditi, o in presenza di una disponibilità finanziaria minima.

La liquidazione senza beni, tuttavia, è coerente con il sistema ed in linea con Direttiva Insolvency, ove si consideri che:

a) il legislatore ha previsto che l’inefficienza della procedura per assenza di patrimonio liquidabile sia valutata solo ex post rispetto all’apertura, se è vero che in tema di chiusura della liquidazione controllata l’art. 276 CCII richiama l’art. 233 CCII, che al c. 1, lett. d), dispone che «la liquidazione (giudiziale) si chiude quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i creditori prededucibili e le spese di procedura»;

b) l’«eccezione di incapienza» ex art. 268, co. 3, CCII è un’eccezione in senso proprio e stretto: solo il debitore può incaricare l’OCC di attestare l’assenza di attivo da distribuire ai creditori, per cui, se il debitore non solleva l’eccezione, la domanda del creditore è ammissibile nonostante l’incapienza del patrimonio perché il giudice non può sollevare una simile eccezione d’ufficio;

c) un diniego del tribunale comporterebbe l’impossibilità per un debitore incapiente “immeritevole”, ovvero privo dei requisiti per l’incapiente, di accedere al beneficio dell’esdebitazione ex art. 283 CCII e ciò lascerebbe un’area soggettiva priva di una procedura concorsuale e sarebbe in contrasto con l’art. 2, lett. c), del CCII, che fa ricadere sotto l’egida del sovraindebitamento tutte le posizioni soggettive per le quali non è previsto un istituto concorsuale specifico, dunque anche l’incapiente immeritevole.

Sotto il profilo della coerenza con il diritto unionale, la Direttiva Insolvency prevedeva una riserva di legge per escludere dalle procedure le liquidazioni inefficienti, stabilendo all’art. 23, c. 2, che gli Stati membri possono introdurre disposizioni che negano o limitano l’accesso all’esdebitazione “quando non è coperto il costo della procedura” (lett. e).

Il legislatore interno non si è avvalso di una simile riserva per l’esdebitazione: dunque, il giudice può recepire la normativa europea in via sostitutiva. Pertanto, in assenza di una specifica disposizione di legge che neghi l’accesso all’esdebitazione nel caso in cui i costi non siano coperti, deve ritenersi ammissibile la liquidazione controllata senza attivo.

Si propone, dunque, la seguente integrazione dell’art. 268 CCII.

 

Articolo 268

Liquidazione controllata

1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può domandare con ricorso al tribunale competente ai sensi dell'articolo 27, comma 2, l'apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni, anche in assenza di patrimonio o di diritti da liquidare.

2. […]

3. […]

4. […]

5. […]

 

11. Durata della liquidazione controllata ed esdebitazione

Vi è incertezza sulla durata della liquidazione controllata, tenuto conto che il Codice della Crisi nulla dispone al riguardo, diversamente dalla l. 3/2012 (che prevedeva un termine minimo di quattro anni): la procedura potrà essere chiusa una volta terminata la liquidazione dei beni e compiuto il riparto finale, nonché negli altri casi previsti dall’art. 233 CCII, richiamato dall’art. 276 CCII.

In ogni caso, dalla disamina dell’art. 282 CCII raffrontato con l’art. 279 CCII, in tema di esdebitazione, si desume che la procedura di liquidazione controllata deve avere una durata di almeno tre anni, in ragione della persistente esigibilità dei crediti della massa fino al decorso del triennio necessario per la dichiarazione di esdebitazione del sovraindebitato, quando non vi siano (o non vi siano più) beni da liquidare.

Tuttavia, l’esdebitazione deve essere accordata anche prima del triennio se la procedura si chiude, per cui possono verificarsi le seguenti situazioni:

- liquidazione con soli beni: durata indefinita, in relazione alle necessità concrete ed alla tempistica dell’attività liquidatoria (che comprende anche attività ricostruttiva a mezzo revocatorie, azioni risarcitorie, recupero crediti, etc...): sarebbe iniquo (e, dunque, incostituzionale) tenere avvinto il debitore al triennio senza una norma specifica;

- liquidazione con beni e quote di reddito/pensione: la durata minima e massima per la riscossione di somme è fissata in tre anni, stante l’incompatibilità tra esdebitazione e coercibilità del debito residuo, la liquidazione dei beni avrà invece una durata autonoma;

- liquidazione con solo reddito/pensione: la durata è di tre anni, come sopra, per le ragioni dette.

Si propone una nuova formulazione dell’art. 276 CCII.

Articolo 276

Chiusura della procedura

1. La procedura si chiude con decreto. Si applica l'articolo 233, in quanto compatibile. Nel caso in cui vengano acquisiti all’attivo quote di reddito o di pensione o altri versamenti periodici, la procedura ha durata triennale, salvo l’eventuale maggior termine necessario per completare la liquidazione di eventuali beni residui.

2. […]

 

12. Art. 271 CCII: il termine per la domanda di accesso alla procedura negoziale  

L’art. 271 CCII accorda al debitore, contro cui è proposta istanza di liquidazione controllata, la facoltà di presentare una domanda negoziale di sovraindebitamento nel termine assegnato dal giudice.

La norma appare lacunosa ove prescrive che il giudice concede il termine per “l’integrazione della domanda”, senza chiarire la natura del termine e gli incombenti che devono essere assolti dal debitore.

La proposta di modifica dell’art. 271 CCII ipotizza un termine ravvicinato per il deposito dell’istanza di nomina del gestore presso l’OCC competente ed un termine più lungo per il deposito in tribunale della domanda di accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore o al concordato minore.

 

Articolo 271

Concorso di procedure

1. Se la domanda di liquidazione controllata è proposta dai creditori o dal pubblico ministero e il debitore chiede l'accesso a una procedura di cui al capo II del titolo IV, il giudice concede un termine di quindici giorni per proporre all’OCC competente l’istanza di nomina del gestore e fissa l’udienza di prosecuzione del procedimento per l’apertura della liquidazione controllata nel rispetto del termine di almeno novanta giorni, entro cui il debitore deve aver presentato domanda di accesso a una procedura di cui al capo II del titolo IV. I termini di cui sopra possono essere prorogati dal giudice una sola volta ad istanza del debitore, in presenza di giustificati motivi.

2. Nella pendenza del termine fissato per l’udienza di cui al comma 1, non può essere dichiarata aperta la liquidazione controllata e la relativa domanda è dichiarata improcedibile quando sia aperta una procedura ai sensi del capo III del titolo IV. Alla scadenza dei termini di cui al comma 1, senza che il debitore abbia presentato l’istanza di nomina o la domanda di accesso, ovvero in ogni caso di mancata apertura o cessazione delle procedure di cui al capo III del titolo IV, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 270, commi 1 e 2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli da 51 a 55.

 

13. Distinzione del compenso tra occ e liquidatore nella liquidazione controllata  

Nell’ambito della procedura di liquidazione controllata, alcuni tribunali hanno inteso in modo unitario il compenso dovuto all’OCC e al liquidatore giudiziale, solitamente confermato nella persona del gestore della crisi, in ottica di riduzione dei costi, ma spesso scelto tra i professionisti iscritti anche all’albo ex art. 356 CCII.

L’unicità del compenso frustra ulteriormente il ruolo del liquidatore, portato a rifiutare l’incarico da svolgere per almeno tre anni con compensi davvero irrisori.

L’impostazione dell’unicità del compenso muove dall’art. 17 del d.m. 202/2014 (che regola il compenso degli OCC), disposizione riferita, tuttavia, al liquidatore nominato ex art. 13 l. 3/2012 ai fini dell’esecuzione del piano del consumatore o  dell'accordo omologato, non già alla gravosa attività del liquidatore giudiziale, che non deve limitarsi ad eseguire una proposta già confezionata dal debitore, ma svolgere un’attività di liquidazione sovente più complessa.

La norma che disciplina l’attività nella liquidazione controllata è norma primaria, quale il Codice, prevalente sul decreto ministeriale che è norma secondaria.

Inoltre, non può essere unica la prestazione di due distinti soggetti che svolgono funzioni diverse, l’OCC e il liquidatore, quest’ultimo nominato eventualmente nell’incarico quale professionista, non facente funzioni dell’OCC.

Anche la disciplina del compenso è fortemente distinta:  una volta che il compenso dell’OCC è stato iscritto nel passivo senza contestazioni dei creditori  non è previsto alcun intervento del giudice delegato per sindacare eventualmente il credito insinuato, non avendo questi facoltà di rivedere d’ufficio lo stato passivo formatosi nel contraddittorio con i creditori; diversamente, il compenso del liquidatore non si forma nello stato passivo ma viene stabilito dal giudice dopo l’espletamento dell’attività, a norma dell’art. 275 CCII.

In tal senso, l’art. 14 del d.m. 202/2014  prevede per il gestore che i criteri determinativi del compenso si applichino in assenza di un accordo tra le parti; invece, l’art. 275 CCII prevede la liquidazione del giudice, non essendo in alcun modo ipotizzabile un accordo con il debitore per fissarne la misura.

Infine, va segnalata la peculiarità stridente per cui il liquidatore si trova a vagliare e ad ammettere al passivo il credito dell’OCC. Se il credito fosse (anche) il suo, perché unitario, sarebbe in evidente conflitto di interessi, attesa, appunto, la rilevanza che l’importo liquidato determinerà sulla parte di compenso a lui spettante, all’esito della liquidazione.

Si propone, dunque, la seguente integrazione dell’art. 275 CCII.

 

Articolo 275

Esecuzione del programma di liquidazione

1. […]

2. […]

3. Terminata l'esecuzione, il liquidatore presenta al giudice il rendiconto. Il giudice verifica la conformità degli atti dispositivi al programma di liquidazione e, se approva il rendiconto, procede alla liquidazione del compenso del liquidatore, tenendo conto del distinto compenso dell’OCC come iscritto al passivo.

4. […]

5. […]

6. […]

 

14. Cartolarizzazioni sociali e Liquidazione Controllata  

Uno dei principali ostacoli per l’accesso alla liquidazione controllata è costituito dalla circostanza che detta procedura è caratterizzata dall’universalità dei beni coinvolti e, dunque dalla necessità di attrarre alla procedura anche l’abitazione principale del soggetto sovraindebitato.

Questa remora del debitore, del tutto legittima, potrebbe essere superata se la liquidazione controllata fosse coordinata con le operazioni di cartolarizzazione sociale, le cui norme prevedono l’attribuzione dell’abitazione principale al debitore espropriato nella procedura individuale, in cambio di vantaggi fiscali accordati all’investitore che acquista il credito ipotecario sull’immobile.

Dette operazioni tutelano anche l’abitazione principale e accelerano la conclusione della procedura, perché permettono di attribuire il bene al cessionario del credito, evitando le lungaggini dell’asta, se il valore dell’immobile è assorbito interamente dal credito ipotecario. In questa evenienza, visto che il creditore ipotecario è l’unico ad essere leso dalla valorizzazione dell’immobile, si potrebbe anche valutare di evitare ogni fase competitiva.

Le cartolarizzazioni a valenza sociale sono previste dall’art. 7.1 della legge 130/1999.

Con questo istituto il debitore può rivolgere istanza alla banca (o alla SPV che ha acquistato il credito tramite la cartolarizzazione) per sottoscrivere un contratto di affitto sullo stesso immobile pignorato, prima che la casa venga venduta sul mercato all’asta giudiziaria.

Con l’ausilio di una Associazione di Promozione Sociale, il debitore deve verificare la sostenibilità dei canoni e potrà anche ipotizzare di riacquistare l’immobile dopo un certo periodo di tempo.

La società di cartolarizzazione potrà chiedere l’assegnazione dell’abitazione a una società apposita ReoCO (Real Estate Owned COmpany), con vantaggi fiscali assai significativi.

Il risultato benefico è che il debitore non sarà costretto a lasciare l’immobile e potrà continuare a vivere nella stessa casa, il creditore ipotecario verrà immediatamente saldato, la procedura verrà chiusa più velocemente.

Si propone, dunque, la riformulazione dell’art. 275 CCII nei seguenti termini.

 

Art. 275

Programma di Liquidazione

1. […]

2. Il liquidatore ha l'amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione. Si applicano le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale, in quanto compatibili. Il programma di liquidazione può prevedere l’attribuzione dell’immobile adibito ad abitazione principale al cessionario del credito, all’interno di un’operazione di cui all’art. 7.1. della legge 130/1999 che preveda la concessione in locazione al debitore dell'immobile costituito in garanzia del credito ceduto. Qualora all’interno di questa operazione l’immobile sia stimato per un valore inferiore al credito ipotecario di primo grado e il cessionario ne chieda l’assegnazione con contestuale concessione di un diritto di godimento al debitore, non è necessario alcun procedimento competitivo per la vendita o l’assegnazione.

Eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice ordina la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi nonché di ogni altro vincolo.

3. […]

4. […]

5. […]

6. […]

 

15. Esercizio Provvisorio nella Liquidazione Controllata  

Non è infrequente nella prassi l’accesso alla procedura di liquidazione controllata da parte di imprenditore in esercizio, per cui ci si è posti il problema se in detta procedura siano utilizzabili strumenti quali l’affitto di azienda o l’esercizio provvisorio.

L’art. 272 CCII regola l’attività di liquidazione e richiama espressamente l’art. 213, commi 3 e 4, CCII, in quanto compatibili, dettato in tema di programma di liquidazione nella procedura maggiore, con espresso riferimento all’esercizio provvisorio dell’impresa; tuttavia, l’art. 211 CCII dettato proprio per “l’esercizio dell’impresa dell’imprenditore” non è richiamato nella liquidazione controllata, circostanza che ha ingenerato oscillazioni sul tema dal parte della giurisprudenza.

È chiaro che ammettere l’esercizio provvisorio nella liquidazione controllata significa non solo consentire, in determinati casi, di massimizzare l’interesse del ceto creditorio, ma anche di mettere in condizioni il debitore (piccolo imprenditore, imprenditore agricolo, ecc…) di ottenere l’azienda in esercizio al termine della procedura liquidatoria.

Si propone, dunque, la riformulazione dell’art. 272 CCII.

 

Articolo 272

Elenco dei creditori, inventario dei beni e programma di liquidazione

 

1. […]

2. Entro novanta giorni dall’apertura della liquidazione controllata il liquidatore completa l’inventario dei beni del debitore e redige un programma in ordine a tempi e modalità della liquidazione. Si applica l'articolo 213, commi 3 e 4, nonché l’articolo 211, con esclusione dei commi 4 e 5, in quanto compatibili, se dalla cessazione dell’attività può derivare un danno grave ai creditori. In tal caso con la sentenza di apertura della liquidazione controllata, il tribunale dovrà stabilire, anche in base ad un bilancio previsionale predisposto dal debitore con l’ausilio dell’OCC, gli importi, calcolati su base annua, da accantonare a titolo di imposte e contributi in diminuzione dell’utile dell’esercizio, come indicati dall’OCC nella propria relazione. Gli importi netti a favore dei creditori dovranno essere aggiornati dal liquidatore, all’esito degli adempimenti annuali e per tutta la durata della procedura. Il programma è depositato in cancelleria ed approvato dal giudice delegato.

3. […]

 

16. Spese in prededuzione nella liquidazione controllata con preferenza sul credito ipotecario

In vigenza della l. 3/2012, con riferimento alla liquidazione del patrimonio disciplinata dall’art. 14 ter, la prevalente giurisprudenza riteneva applicabile alle procedure di sovraindebitamento il disposto dell’art. 111-ter l. fall., in forza del quale anche il creditore ipotecario doveva sopportare le spese prededucibili, sia se specificatamente riferite al bene su cui cade il privilegio che, in quota, quelle c.d. generali.

Nel Codice della Crisi, in assenza di una norma generale di rinvio alla procedura liquidatoria maggiore, una prima giurisprudenza ha preso atto che il secondo comma dell’art. 277 CCII nulla dispone al riguardo, ponendo, all’apparenza, una regola contraria, a favore del creditore ipotecario, ove dispone che i crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri,con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”, nel mentre l’art. 223 CCII dettato nella liquidazione giudiziale ha ripreso la formulazione del vecchio art. 111-ter l. fall. disponendo che nel conto speciale riguardante la vendita del bene oggetto di pegno e privilegio speciale, il curatore debba indicare in modo analitico  “le entrate e delle uscite di carattere specifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale”, con ciò lasciando intendere che le spese specifiche e generali di procedura sono prededotte.

Si propone, dunque, la seguente integrazione dell’art. 277 CCII.

       

Articolo 277

Creditori posteriori

1. I creditori con causa o titolo posteriore al momento dell'esecuzione della pubblicità di cui all'articolo 270, comma 2, lettera f), non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione.

2. I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con applicazione dell’articolo 223, comma 3, in relazione ai beni oggetto di pegno ed ipoteca.

 

17. Condizioni aggiuntive per l’esdebitazione del sovraindebitato

È noto che il Codice prescrive condizioni diverse per l’esdebitazione del debitore (art. 280 CCII) rispetto al soggetto sovraindebitato (art. 282 CCII), prevedendo, ingiustificatamente, condizioni aggiuntive a carico di quest’ultimo.

Riguardo il soggetto sovraindebitato, infatti, la norma prescrive non solo che l'esdebitazione non opera nelle ipotesi previste dall'art. 280 CCII, ma neppure nelle ipotesi in cui il sovraindebitato abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode, ciò che comporta, peraltro, un’indagine a ritroso sull’origine del sovraindebitamento come accertata dall’OCC nella propria relazione iniziale.

Queste condizioni aggiuntive, non previste dall’art. 280 CCII per l’esdebitazione dei debitori maggiori, creano un disallineamento e aggravano senza alcun motivo l’esdebitazione del sovraindebitato, con ogni conseguente legittimo dubbio di incostituzionalità.

Si propone, dunque, una nuova formulazione dell’art. 282 CCII.

 

Articolo 282

Esdebitazione di diritto

1. […]

2. L'esdebitazione non opera nelle ipotesi previste dall'articolo 280. nonché nelle ipotesi in cui il debitore ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

3. […]

 

18. Durata del vincolo per l’incapiente

Potrebbe porsi in dubbio l’eccessiva durata del vincolo temporale funzionale alla esdebitazione dell’incapiente, che la legge indica in quattro anni (considerato che per tale periodo potrebbe riemergere l’obbligo di pagamento dei debiti, in caso di sopravvenienze), visto che la Raccomandazione della Commissione Europea richiede che l’esdebitazione avvenga non oltre tre anni, e tale è il termine che è indicato dalla legge per esdebitare gli insolventi (art. 279 CCII) e i sovraindebitati (art. 282 CCII).

La questione della disparità di trattamento e della inosservanza della Raccomandazione Europea potrebbe essere ragionevolmente portata davanti alla Corte Costituzionale.

Si propone, perciò, la seguente modifica dell’art. 283 CCII.

 

Articolo 283

Esdebitazione del sovraindebitato incapiente

1. […]

2. […]

3. […]

4. […]

5. […]

6. […]

7. […]

8. […]

9. L'OCC, nei tre anni successivi al deposito del decreto che concede l'esdebitazione, vigila sulla tempestività del deposito della dichiarazione di cui al comma 7 e, se il giudice ne fa richiesta, compie le verifiche necessarie per accertare l'esistenza di sopravvenienze rilevanti ai sensi dei commi 1 e 2.

 

19. Iscrizione del liquidatore all’Albo dei Gestori ex d.m. 202/2014 nella Liquidazione Controllata  

Nella procedura di liquidazione controllata, il tribunale può nominare liquidatore il professionista individuato dal referente dell'OCC che ha gestito la fase anteriore all’apertura della liquidazione, anche se non è iscritto all'Albo nazionale previsto dall'art. 356 CCII.

La giurisprudenza contraria emersa negli ultimi mesi valorizza erroneamente il dato letterale dell’art. 356 CCII.

Infatti, nell’espressione “le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel codice della crisi e dell’insolvenza”, ivi contenuta, il riferimento alla figura del “liquidatore”, che va scelto nell’Albo nazionale, non riguarda il gestore della liquidazione controllata, ma è una specificazione della figura del commissario (“commissario giudiziale o liquidatore”), quindi il commissario liquidatore che svolge le sue funzioni nell’ambito delle procedure maggiori a carattere liquidatorio (come nel concordato preventivo con liquidazione di beni), e non qualunque liquidatore.

Del resto anche l’art. 68 CCII (per il piano di ristrutturazione del consumatore) e l’art. 76 CCII (per il concordato minore) prevedono che - in assenza di un OCC nel circondario del tribunale - la nomina del gestore avvenga “tra gli iscritti all’albo dei gestori della crisi di cui al decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202”, senza alcun riferimento all’Albo nazionale di cui all’art. 356 CCII.

Tale lettura è sostenuta, inoltre, da evidenti ragioni di opportunità: numerosi professionisti hanno scelto di operare esclusivamente nell’ambito delle procedure di risoluzione della crisi da sovraindebitamento, maturando esperienza in vigenza della l. 3/2012, per cui risultano iscritti esclusivamente nell’elenco dei gestori ex d.m. 202/2014 per la semplice ragione che non intendono svolgere il più impegnativo ruolo di curatore o commissario nelle procedure maggiori, che richiede anche una diversa e più strutturata organizzazione di studio.

Si propone pertanto la seguente modifica dell’art. 356 CCII.

 

Articolo 356

Albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell'insolvenza

1. È istituito presso il Ministero della giustizia un albo dei soggetti, costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o commissario liquidatore, nelle procedure previste nel codice della crisi e dell'insolvenza. È assicurato il collegamento dati con le informazioni contenute nel registro di cui all'articolo 125, comma 4. Il Ministero della giustizia esercita la vigilanza sull’attività degli iscritti all'albo.

2. […]

3. […]


20. Applicazione della nuova disciplina dell’esdebitazione alle procedure pendenti alla data del 15.7.2022 (entrata in vigore del codice della crisi)  

Il principio del favor debitoris dovrebbe consentire l’applicazione della norma più favorevole tra due che prevedono una diversa afflizione del debitore, similmente a quello che accade nel caso di successione nel tempo di leggi penali nei confronti del reo, ove trova sempre applicazione il favor rei.

L’istituto dell’esdebitazione è stato oggi costruito come un diritto soggettivo del debitore, che è ben difficile negare che possa essere riconosciuto anche a coloro i quali hanno definito in precedenza la loro condizione di sovraindebitamento.

L’attuale normativa consente un più facile accesso al diritto all’esdebitazione, rispetto alla precedente disciplina; trattandosi di norme che creano una disparità di trattamento rilevante sul piano personale e delle condizioni di vita, dovrebbe comunque trovare applicazione la norma più favorevole in base a una lettura costituzionalmente orientata.

Ne consegue che, ferma restando la disciplina transitoria di cui all’art. 390 CCII, si dovrebbe comunque applicare la normativa più favorevole al debitore, cioè gli artt. 278 ss. CCII, che attribuiscono al debitore un diritto soggettivo tutelabile giudizialmente alla chiusura della procedura e comunque dopo tre anni dalla sua apertura, mediante il meccanismo previsto dell’automaticità.

È comunque plausibile affermare che l’art. 390 CCII - che disciplina espressamente la normativa applicabile alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore del Codice - non si applichi all’istituto dell’esdebitazione, posto che quest’ultima non ha più le caratteristiche della procedura, cui fa riferimento la norma in esame, e varrebbe quindi la regola “tempus regit actum”.

Si propone, quindi, la seguente modifica all’art. 390 CCII.

 

Articolo 390

Disciplina transitoria

1. […]

2. Le procedure di fallimento e le altre procedure di cui al comma 1, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché le procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande di cui al medesimo comma sono definite secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché della legge 27 gennaio 2012, n. 3.

2 bis. La disciplina dell’esdebitazione prevista dagli articoli 278 e seguenti si applica anche alle procedure pendenti alla data della sua entrata in vigore.

3. […]

 



[1] Si ringrazia l’avv. Alessia Munarin del foro di Rimini per il lavoro di verifica finale del contributo.



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