Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 29882 - pubb. 10/10/2023

Normativa comunitaria antitrust: procedimento sanzionatorio AGCM e azione risarcitoria

Tribunale Napoli, 30 Agosto 2023. Pres. Di Martino. Est. Del Bene.


Normativa comunitaria antitrust – Funzione – Tutela consociati e azioni – Caratteristiche


Violazione norme sulla concorrenza – Cartelli – Azioni risarcitorie – Prova del danno – Asimmetria informativa – Sussistenza


Procedimento sanzionatorio AGCM – Azione risarcitoria – Vincolatività attenuata – Sussistenza


Procedimento sanzionatorio AGCM – Azione risarcitoria – Prova del nesso causale e del quantum del pregiudizio subito – Onere a carico dell’attore



Lo scopo precipuo del legislatore europeo è proprio quello di garantire l’effettività del diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla violazione delle norme della concorrenza, tant’è che le disposizioni sia della direttiva eurounitaria 2014/104 sia del relativo decreto legislativo di recepimento devono essere intese ed inquadrate come funzionali a fornire integrale e completa attuazione al ristoro del pregiudizio subito dai consociati in conseguenza della violazione delle norme sulla libera concorrenza. Le azioni in cui si concretizza tale tutela si dividono in due gruppi: da una parte vi sono le azioni cd. stand-alone, e dall’altra quelle denominate follow-on, il cui tratto distintivo non si basa sullo scopo dell’azione (nullità o risarcimento del danno), bensì sull’esistenza o meno di un previo accertamento della violazione da parte di un’autorità garante della concorrenza.


I principali illeciti antitrust rilevanti in ottica risarcitoria ineriscono a vicende in cui, nel caso di “cartelli” fonte di un danno parcellizzato che ricade sul ceto indistinto dei consumatori oppure nel caso di fattispecie exclusionary ove il pregiudizio viene a colpire una o più imprese determinate (abuso di posizione dominante), il materiale istruttorio indispensabile a provare l’antigiuridicità della condotta si concentra pressochè integralmente nella documentazione aziendale del soggetto o dei soggetti cui l’illecito è ascritto, oppure presso terzi (ivi comprese le autorità pubbliche). E’ tale contesto di asimmetria informativa che rende alla controparte danneggiata estremamente arduo e disagevole il compito di individuare le fonti di prova, prima ancora che di accedervi con gli ordinari strumenti processual-civilistici. Così come in ordine a tali illeciti ancora più complessa è la prova del danno, inteso come quantum del pregiudizio sofferto dal presunto danneggiato, specie se si tiene conto di come, nelle ipotesi di danno da cartello, esso risulti normalmente micro-parcellizzato in ragione anche dei vari snodi della catena distributiva. Al fine di superare tali criticità e compensare la citata asimmetria informativa è stata disciplinata una specifica misura di agevolazione probatoria dettata nell’art. 14, comma 2°, d.lgs. n. 3/17, che – sulla scorta dell’art. 17, par. 2, della direttiva – con specifico riferimento alle azioni di risarcimento del danno “da cartello” pone la presunzione che «l’esistenza del danno cagionato da una violazione del diritto alla concorrenza consistente in un cartello si presume».


Il recepimento della direttiva sul risarcimento del danno è stato anticipato da una copiosa giurisprudenza interna che ha tratteggiato il percorso poi seguito dal legislatore in ordine al valore probatorio delle decisioni antitrust nazionali nei giudizi civili, non dando seguito alle aperture della direttiva verso una definitiva vincolatività. La delibera assunta dall’AGCM nonché le decisioni dei giudici amministrativi che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono, in relazione all’autorevolezza dell’organo da cui promanano ed agli strumenti e modalità di indagine poste in atto dalla medesima Autorità, una prova particolarmente qualificata (“prova privilegiata”) (cfr. Tribunale Milano del 16.02.2018). La dicitura di “prova privilegiata” si caratterizza per il suo carattere inedito ed atecnico ed allude ad una prova segnatamente persuasiva ed autorevole, ma pur sempre liberamente valutabile, che non assurge certo al valore di “prova legale” e quindi, astrattamente almeno, aperta alla prova contraria (cfr. Cass. 28 maggio 2014 n. 11904, che ha chiarito come nel nostro ordinamento non esiste la categoria della “prova privilegiata” distinta da quella della prova legale). Questo tema conduce a riflettere sulla compressione del potere del giudice di procedere alla libera valutazione del carattere illecito della condotta, che torna però a riespandersi quanto alla valutazione del nesso di causalità e del quantum del danno, dovendosi escludere ogni profilo di sussistenza di un danno in re ipsa.


Se la decisione amministrativa assume rilievo vincolante per il giudice civile chiamato a decidere sulla lesione del diritto alla concorrenza da parte dell’impresa che si ritiene danneggiata ed insta quindi per il risarcimento del danno, tale vincolatività deve essere confinata all’accertamento dell’illecito anticompetitivo e la così realizzata relevatio ab onere probandi non può scattare in relazione alla prova del nesso causale e del quantum del pregiudizio subito che sono rimessi alla parte attrice in quanto necessari fatti costitutivi della domanda di risarcimento. Ciò che difetta nell’assolvimento dell’onere probatorio incombente sulla società attrice è la prova di essersi sobbarcata a seguito della seconda intesa un pagamento sistematicamente alterato e quindi la sussistenza di un sovrapprezzo eziologicamente riconducibile all’intesa collusiva nelle forniture ricevute dalla società convenuta. Ancor meglio, se fosse risultato in un ampio arco temporale articolato un risparmio di spesa nell’approvvigionamento ad altro fornitore, non si comprende il motivo per il quale (non sussistendo particolari vincoli contrattuali o condizioni contrattuali tra le parti contendenti, che non sono state oggetto di prova in questo giudizio) la società attrice abbia continuato a rifornirsi dalla società convenuta e non si sia rivolta ad un fornitore alternativo che gli avrebbe garantito l’asserito e non dimostrato (se non per un ristretto ambito temporale) risparmio di spesa. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)



Segnalazione dell'Avv. Luca Caravella


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