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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 18/09/2023 Scarica PDF

Le regole di distribuzione nella procedura del consumatore ex art. 67 CCII

Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Tribunale di Modena 28 agosto 2023[2], est. Carlo Bianconi

Ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII – Regole di distribuzione – Criterio della c.d. priorità relativa – Ammissibilità   

 

Nella ristrutturazione dei debiti del consumatore è ammissibile la distribuzione del valore secondo la regola della c.d. priorità relativa, tenuto conto dell’espressa previsione normativa per cui il piano ex art. 67 CCII ha “contenuto libero” e può prevedere pagamenti “parziali e differenziati” per i creditori, con l’unico limite previsto per la falcidia dei creditori privilegiati di cui all’art 67 c. 4 CCII.

   

Tribunale di Rimini 25 luglio 2023[3], est. Silvia Rossi

Ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII – Regole di distribuzione – Criterio della c.d. priorità relativa – Inammissibilità  

 

Nella ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII, in assenza di una norma espressa - invece prevista per regolare, al di fuori del concorso dei creditori, il debito contratto per l’acquisto della prima casa - è inammissibile il piano che preveda un riparto in deroga al principio della distribuzione verticale del patrimonio, secondo le regole della c.d. priorità assoluta.

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SOMMARIO: 1. I casi in rassegna 2. Priorità assoluta e priorità relativa: i criteri di distribuzione del valore 3. La codificazione delle regole di riparto all’art. 84, co. 6, CCII: problemi sistematici 4. La ‘priorità relativa’ nella procedura del consumatore: la salvaguardia dell’istituto 5. Gli argomenti a favore del criterio della ‘priorità relativa’: il dato normativo richiamato dal Tribunale di Modena 6. Ulteriori elementi a favore della ‘priorità relativa’ nella procedura del consumatore: a) il ricorso all’analogia 7. segue: b) la svalutazione della par condicio nel diritto concorsuale interno 8. segue: Par condicio creditorum e ristrutturazione dei debiti del consumatore 9. La tesi restrittiva in favore della ‘priorità assoluta’ nella procedura del consumatore: gli argomenti addotti dal Tribunale di Rimini 10. Considerazioni conclusive

   

1. I casi in rassegna

Le pronunce in commento decidono diversamente la questione dell’applicabilità o meno, nella ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII, della regola c.d. della ‘priorità relativa’  nella distribuzione delle risorse del piano, in deroga alla regola generale c.d. della ‘priorità assoluta’,  che impone il rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione.

Entrambe le decisioni riguardano consumatori sovraindebitati che hanno inteso regolare le proprie obbligazioni mettendo a disposizione dei creditori una quota dei propri redditi futuri mensili, nell’ambito di un piano di durata ultrannuale; si tratta, dunque, di risorse della persona fisica sovraindebitata, non presenti al momento dell’omologazione del piano ma generate nel corso della procedura,  in relazione all’attività lavorativa del debitore.

Il piano proposto innanzi al Tribunale di Modena, ritenuto ammissibile, “consente la soddisfazione dei creditori privilegiati dichiarati e/o accertati dal grado 16° al grado 20° nella misura del 20% e la soddisfazione dei creditori chirografari nella misura del 10%”; il piano originario proposto al giudice riminese, dichiarato inammissibile, prevedeva invece, oltre al pagamento integrale delle prededuzioni, il pagamento dei creditori nelle seguenti misure:

- 65% del privilegio mobiliare generale di grado primo;

- 25% del privilegio mobiliare generale di grado diciottesimo;

- 10% del privilegio mobiliare generale di grado ventesimo;

- 9,08% dei chirografari.

Entrambi i piani, dunque, si caratterizzano per la previsione della distribuzione delle risorse - redditi futuri da lavoro -  alla stregua della regola della ‘priorità relativa’, in deroga al criterio generale che impone il riparto nel rispetto del rigoroso principio dell’ordine delle cause legittime di prelazione.

 

2. Priorità assoluta e priorità relativa: i criteri di distribuzione del valore

Come noto detti criteri, sulla scorta delle indicazioni della direttiva europea, sono stati codificati dal legislatore all’art. 84, co. 6, CCII, dettato nel concordato in continuità aziendale[4], in forza del quale, “il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione (c.d. priorità assoluta, n.d.r.); per il valore eccedente quello di liquidazione è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore (c.d. priorità relativa, n.d.r.)”[5].

Secondo la regola della c.d. ‘priorità assoluta’, dunque, le risorse provenienti dal patrimonio del sovraindebitato (c.d. finanza interna) devono essere obbligatoriamente destinate all’integrale pagamento del credito di rango superiore prima di poter soddisfare quelli di rango inferiore, per cui la prassi ha evidenziato la necessità di impostare piani prevedenti la c.d. finanza esterna da riservare ai creditori chirografari e privilegiati incapienti, pena l’inammissibilità della proposta per carenza di causa.

Mentre con la regola distributiva della c.d. ‘priorità relativa’, al fine di consentire il pagamento dei creditori chirografari, non occorre il pagamento integrale dei crediti assistiti da privilegio generale essendo sufficiente che questi ultimi ottengano un trattamento non inferiore rispetto ai crediti di pari grado, e migliorativo rispetto ai crediti di grado inferiore o chirografari, per cui il corretto riparto impostato su detta regola - al pari dei piani di cui alle decisioni in rassegna - prevede percentuali di soddisfo dei crediti via via decrescenti in relazione al minor grado di privilegio.

In vigenza della legge fallimentare, peraltro, si è ritenuto che la regola della ‘priorità relativa’ fosse, in realtà, già codificata nella transazione fiscale ex art. 182 ter l. fall., ove si affermava il principio del trattamento non deteriore dell’Erario rispetto agli altri creditori aventi pari o inferiore grado di privilegio o chirografari[6].

Quanto alla c.d. finanza esterna, non proveniente dal patrimonio del debitore, essa viene ritenuta liberamenteallocabile[7].

 

3. La codificazione delle regole di riparto all’art. 84, co. 6, CCII: problemi sistematici

Le suddette regole di distribuzione del valore, peraltro, avevano già trovato una loro applicazione quali criteri di derivazione giurisprudenziale, sorti in vigenza della fallimentare, proprio in riferimento alla fattispecie del concordato preventivo in continuità aziendale.

Con riferimento alle procedure negoziali di sovraindebitamento, la prassi invalsa in vigenza della l. 3/2012 prevedeva che negli accordi di composizione il trattamento dei crediti fosse proposto alla stregua del rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione, secondo la regola della ‘priorità assoluta’[8], pur in assenza di un espresso divieto di deroga al principio della par condicio creditorum ex art. 2741 c.c.

Tuttavia, proprio in riferimento al piano del consumatore, si è assistito all’omologazione di numerose proposte prevedenti la distribuzione  delle risorse secondo la regola della ‘priorità relativa’, in particolare nei casi caratterizzati da un attivo riveniente dai flussi reddituali del sovraindebitato, redditi da lavoro o ratei pensionistici in corso di maturazione[9].

La codificazione delle regole di distribuzione del valore, di cui all’art. 84, co.6, CCII, chiarisce, dunque, i criteri applicabili, ma al contempo solleva la questione dell’ambito della loro applicazione, in relazione alla collocazione sistematica della norma operata dal legislatore.

In altri termini, essa pone all’interprete una serie di criticità di carattere ermeneutico, tra cui l’utilizzo di detti criteri nella fattispecie del concordato liquidatorio ed a fattispecie diverse da quelle prevedenti la continuazione d’impresa[10]; in generale, ai fini delle presenti note, si pone la questione dell’ammissibilità di una sua applicazione estesa ed analogica a procedure per le quali il legislatore non ha ritenuto di porre alcuna regola di riparto, evitando anche di stabilire il divieto espresso di alterare le cause legittime di prelazione[11].

Sotto tale profilo, proprio in tema di regole di riparto nelle procedure di sovraindebitamento, se nel concordato minore è possibile prendere atto dell’esistenza di un dato di diritto positivo quale il richiamato art. 84, co.6, CCII - a cui rinvia, nei limiti di compatibilità, l’art. 74, ult. co., CCII -, analoga operazione ermeneutica appare prima facie inammissibile con riferimento alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, come statuito dal tribunale riminese nella decisione in rassegna, su cui torneremo.

 

 

4. La ‘priorità relativa’ nella procedura del consumatore: la salvaguardia dell’istituto

Eppure l’applicazione del criterio della ‘priorità relativa’ nella ristrutturazione ex art. 67 CCII risponde ad un’esigenza di salvaguardia del principio di effettività dello strumento offerto dall’ordinamento, perché vincolare il consumatore alla più rigida regola  della ‘priorità assoluta’ significa ridurre drasticamente gli spazi di accesso alla procedura.

Infatti, la prassi ha evidenziato che la quasi totalità delle procedure del consumatore è caratterizzata, da un lato, da piani ultrannuali con attivi piuttosto contenuti, ricavati dai ratei mensili retributivi o pensionistici, e dall’altro lato, da un passivo che vede la presenza di crediti privilegiati (trattasi, sovente, di tributi locali e sanzioni amministrative), che, spesso, assorbono interamente l’attivo del piano: in detti casi un riparto con la regola della ‘priorità assoluta’ - che impone il pagamento integrale dei crediti assistiti da privilegio prima di un soddisfo, anche parziale, degli altri crediti - impedirebbe un minimo soddisfacimento dei creditori chirografari, rendendo il piano inammissibile, con grave pregiudizio delle possibilità di accesso all’istituto, fruibile solo in presenza di risorse provenienti da terzi (finanza esterna).

Del resto, già in vigenza della l.3/2012, ci si era interrogati sul fatto che la legge speciale non richiamasse alcune regole comuni agli strumenti del diritto concorsuale: il divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione, conseguente al principio della par condicio creditorum sancita dall’art. 2741 c.c., e la regola sulla garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., operano in modo trasversale nelle varie procedure ma, tuttavia, non risultavano codificati nella disciplina delle procedure di sovraindebitamento.

Del resto, in dottrina e giurisprudenza si è preso atto del carattere assolutamente peculiare della speciale procedura del consumatore, che consente l’omologazione della proposta di ristrutturazione anche in presenza di dissenso espresso dei creditori, nei limiti della convenienza, per cui si è ritenuto che con essa il legislatore abbia introdotto nell'ordinamento un “modello di gestione autoritativa del rapporto debito/credito” di cui “è evidente il ruolo eccentrico e forse anche eversivo rispetto ai principi generali delle obbligazioni”[12].

Invero, specie in ragione della dichiarata finalità della esdebitazione, la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore assegna rilievo giuridico al principio, innovativo, della inesigibilità della prestazione in virtù della mera impotenza finanziaria e patrimoniale del debitore, per cui tale strumento sottende, evidentemente, un interesse pubblico all’esdebitazione del soggetto sovraindebitato, ritenuto dal legislatore prevalente rispetto alle ragioni dei creditori, tale da essere tutelato anche a costo di un sacrificio importante di dette ragioni, ancorché nell’ambito di una proposta di pagamento che deve condurre ad un soddisfo “effettivo” dei crediti (Cass. 2022/28013).

Infine, l’orientamento che sta affermandosi in giurisprudenza, che vuole definibili con la ristrutturazione ex art. 67 CCI solo i debiti consumeristici[13], muove proprio dal carattere eccezionale dello strumento (che vede l’esclusione del voto e la possibilità di tenere fuori dal piano una parte del patrimonio, costituito di regola dall’immobile adibito ad abitazione) rispetto alla regola generale della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 ss. c.c.[14] e del principio della par condicio creditorum.

Occorre, dunque, individuare un dato testuale o un criterio ermeneutico che consenta di introdurre per altra via la regola della ‘priorità relativa’ nella procedura del consumatore: va ribadito che non è ragionevole che il soggetto più debole tra quelli a cui si rivolgono gli strumenti del Codice - il consumatore sovraindebitato - nella costruzione del piano da proporre ai creditori, sia assoggettato alla ferrea regola della ‘priorità assoluta’, nell’ambito di un sistema concorsuale che, ormai, conosce numerose attenuazioni, se non proprio deroghe, ai rigorosi principi della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. e della par condicio ex art. 2741 c.c.

Vedremo, tuttavia, che la giurisprudenza è tutt’altro che univoca nell’ammettere tale criterio di distribuzione nella procedura del consumatore, fornendo argomenti meditati a favore dell’uno e dell’altro orientamento.

 

5. Gli argomenti a favore del criterio della ‘priorità relativa’: il dato normativo richiamato dal Tribunale di Modena

L’applicazione della ’priorità relativa’ nella ristrutturazione ex art. 67 CCII non pare, dunque, fondarsi sull’art. 84 c.6 CCII dettato in tema di concordato preventivo, in assenza di una norma di richiamo, analoga all’art. 74 c.4 CCII dettato nel concordato minore.

A favore della tesi favorevole, tuttavia, un primo argomento muove dalla carenza di norme preclusive di segno contrario, se è vero che, nella procedura del consumatore ex l. 3/2012 l’orientamento giurisprudenziale formatosi a favore della ‘priorità relativa’ richiamava proprio il fatto che alcuna norma prevedesse espressamente, o richiamasse, il divieto di alterazione dell’ordine delle prelazioni[15]; in tal senso, il medesimo discorso dovrebbe valere nella ristrutturazione ex art. 67 CCII - in cui il divieto di alterazione, parimenti, non è codificato - a nulla rilevando il mancato richiamo, in detta procedura, della norma ad hoc (art. 84 c.6 CCII) valevole nel concordato minore.

Un ulteriore argomento, valorizzato dal tribunale modenese nella decisione in rassegna, muove, invece, dall’inequivoco dato normativo, per cui, alla stregua dell’art. 67, co. 1, CCII, “la proposta ha contenuto libero e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma”.

Osserva il tribunale che l’applicabilità della regola della ‘priorità relativa’ alla ristrutturazione del consumatore “pare ben possibile (anche) nel piano di cui agli artt. 67 ss. CCII, atteso che lo stesso ha “contenuto libero” e può prevedere pagamenti “parziali e differenziati” per i creditori, con l’unico limite della previsione di cui all’art 67 c. 4 CCII”.

Il riferimento del legislatore al ‘trattamento differenziato’, prima non contenuto nella l. 3/2012, è ritenuto decisivo, dunque, a favore della applicabilità della regola della ‘priorità relativa’ nella procedura del consumatore.

Circa il significato da assegnare al suddetto termine, va forse chiarito che la previsione della possibilità di un trattamento differenziato dei crediti nella costruzione della proposta - sovente caratterizzata dalla formazione di classi -, implica certamente la disapplicazione della regola della 'priorità assoluta’: lo si desume, a contrario, da Cass. sez. un. 2016/26988 ove precisa che, “l’assunto per cui ‘il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione’, esclude l’ammissibilità di un trattamento differenziato tra diversi creditori privilegiati, che non sia compatibile con l’ordine di preferenza stabilito dalla legge”, formula riferita non solo a creditori inclusi nella medesima classe (trattamento orizzontale), ma anche tra creditori titolari di privilegi di diverso grado (trattamento verticale).

Peraltro, che l’espresso divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione - oggi codificato nel concordato preventivo all’art. 85 CCII - sia correlato al vincolo distributivo della ‘priorità assoluta’, è affermazione ribadita più volte dalla Cassazione[16].

 

6. Ulteriori elementi a favore della ‘priorità relativa’ nella procedura del consumatore: a) il ricorso all’analogia

Un ulteriore argomento a favore dell’ammissibilità è dato dal ricorso al criterio ermeneutico dell’analogia, di cui all'art. 12 delle preleggi su cui è tornata di recente la Cassazione a Sezioni Unite con la nota sentenza n.38596 del 6 dicembre 2021.

La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso analogico è ammesso ogni qualvolta manchi una disposizione espressa regolatrice, come nel caso della ristrutturazione ex art. 67 CCII in cui, come già innanzi rilevato, è assente qualsivoglia regolamentazione in merito alle regole di distribuzione, avendo il legislatore disciplinato solo la falcidia dei crediti prelazionari[17].

Se si considera che la ‘priorità relativa’ è norma espressa nel concordato minore  (in forza dell’art. 74 c.4 CCII che rinvia all’art. 84 c.6 CCII)[18], occorre, dunque, muovere dal “rapporto di somiglianza” che sussiste tra le situazioni di sovraindebitamento disciplinate da tali procedure negoziali: si pensi alla fattispecie del professionista che intende proporre un concordato minore in continuità mettendo a disposizione dei creditori una quota dei propri redditi professionali futuri (art. 74 c.1 CCII), rispetto alla fattispecie del consumatore che, analogamente, intenda ristrutturare la propria situazione debitoria grazie ai redditi futuri da lavoro dipendente (art. 67 CCII), magari, opportunamente, messi a disposizione in misura superiore alla quota acquisibile dalla liquidazione e per una durata oltre il triennio[19].

In tal senso, Tribunale di Torino 2 maggio 2023, in fattispecie di concordato minore in continuità proposto da un professionista, ha ribadito l’ammissibilità della distribuzione di quote dei redditi professionali futuri secondo la regola della ‘priorità relativa’, sulla base del predetto richiamo normativo di cui all’art. 74 c.4 CCII[20].

È fin troppo evidente la somiglianza delle due situazioni concrete (professionista che produce redditi professionali e consumatore che matura redditi da lavoro subordinato), rispetto alle quali non appare irragionevole un’interpretazione fondata sul richiamo analogico, che ponga, per entrambe le procedure, le medesime regole di riparto dei flussi reddituali messi a disposizione dei creditori, almeno ogni qualvolta, come già osservato, detti flussi siano allocati nel piano dal debitore in misura migliorativa rispetto al quantum di reddito o stipendio acquisibile nell’alternativa della liquidazione controllata.

Come pure è evidente che, una diversa interpretazione - nel senso dell’applicazione della regola della ‘priorità assoluta' nel riparto dei flussi futuri derivanti dai redditi di lavoro -, potrebbe evidenziare un profilo di incostituzionalità per irragionevolezza dell’art. 67 c.1 CCII, tenuto conto che dovrebbe ammettersi una diversa regolazione di fattispecie del tutto simili (appunto, il consumatore titolare di rapporto di lavoro e il professionista svolgente attività di lavoro autonomo, entrambi non assoggettabili a liquidazione giudiziale).

 

7. segue: b) la svalutazione della par condicio nel diritto concorsuale interno

Un ulteriore argomento di carattere sistematico a favore di un’applicazione estesa e trasversale della regola della 'priorità relativa’ - ogni qualvolta la procedura concorsuale abbia i caratteri della negozialità e della continuità - deriva dalla riflessione avviata da tempo dalla dottrina più evolutiva, sorta attorno al principio della par condicio creditorumcodificato all’art. 2741 c.c.

Questa non ha mancato di rilevare che l’intervenuta codificazione della regola della ‘priorità relativa’, lungi dal tradurre la finalità di  stabilire un confine entro cui essa può operare (il concordato preventivo in continuità), in realtà rappresenta un mutamento di prospettiva del legislatore che l’interprete deve cogliere e non può disattendere.

Tale approccio prende atto che nel sistema del diritto concorsuale interno, come delineato dal Codice, “il concorso, da strumento di attuazione della garanzia patrimoniale (con il bagaglio di regole scolpite negli artt. 2740-2741 c.c.), diviene strumento di gestione della crisi d’impresa attraverso la condivisione della soluzione tra debitore e creditori”[21],con conseguente svalutazione del principio della parità di trattamento (“la par condicio creditorum diviene regola recessiva”[22]).

Il cambio di prospettiva, con la regressione della parità di trattamento  codificata nell’art. 2741 c.c., è incentivato dal legislatore in presenza di due elementi fondamentali, la negozialità della proposta e la continuità aziendale: la flessibilità della ‘priorità relativa’ nella distribuzione del valore rende fattibile il piano e, così, permette di modulare la proposta, coniugando l’interesse collettivo alla prosecuzione dell’impresa con quello dei creditori di ottenere un ragionevole soddisfacimento delle proprie pretese.

 Si deve, dunque, prendere atto della sempre maggiore rilevanza sistemica della ‘priorità relativa’, quale eccezione al principio di cui all’art. 2741 c.c.”[23], per cui potrebbe concludersi che:

a)      la regola della ‘priorità assoluta’ nella distribuzione del valore trova sicura applicazione nelle procedure prettamente liquidatorie, ove non viene in gioco alcuna esigenza di ‘sacrificio’ delle ragioni dei creditori in rapporto all’interesse comune (ed individuale dell’imprenditore) alla continuità aziendale;

b)     detta regola non assurge più a valore assoluto, ma è destinata a cedere al criterio della ‘priorità relativa' quando si tratti di tutelare il valore della continuità aziendale, peraltro nella forma ‘temperata’ della sua applicazione al solo valore eccedente quello di liquidazione, dunque ai soli flussi propri della continuità;

c)      il principio della par condicio creditorum non è più un dogma, è destinato ad una progressiva svalutazione in misura proporzionale alle esigenze di superamento della crisi d’impresa valorizzate dal legislatore anche con modalità e forme prevedenti la prosecuzione dell’attività;

d)     la par condicio creditorum è messa in gioco dal carattere negoziale dello strumento concorsuale prescelto dal debitore, non essendo le procedure regolatorie caratterizzate dal coinvolgimento di tutti i beni del debitore, il quale, al contrario, può modulare la proposta, anche con i flussi della continuità, proponendo una diversa distribuzione delle risorse.

 

8. segue: Par condicio creditorum e ristrutturazione dei debiti del consumatore

Si tratta di capire se gli assunti predicati dalla dottrina, di cui si è dato succintamente conto - e dunque l’attenuazione della regola della par condicio nei termini detti -, possano riguardare anche la procedura del consumatore, tenuto conto che la riflessione involge, evidentemente, la fattispecie della continuità d’impresa, estranea alla ristrutturazione dei debiti del consumatore.

A ben vedere, tuttavia, nel rinnovato contesto di cui si è detto,  appare stridente l’applicazione della ‘priorità assoluta’ alla procedura del consumatore, che pure si caratterizza (anche) per i medesimi caratteri di negozialità e continuità (se non d’impresa, certamente lavorativa), rispetto ai quali la possibilità di ripartire le risorse in base alla 'priorità relativa' consentirebbe, come già osservato, un indubbio allargamento dell’ambito applicativo dell’istituto.

In particolare, mutatis mutandis, la ‘priorità relativa’ potrebbe trovare applicazione in tutte le fattispecie, in cui:

         il piano proposto dal consumatore prevede un soddisfo dei creditori per il tramite dei flussi reddituali futuri, messi a disposizione dal debitore, appunto, per un periodo successivo all’apertura della procedura, per cui trattasi di provvista non presente al momento dell’apertura della procedura ma derivante dalla continuità lavorativa o professionale del debitore;

         il piano non si caratterizza in termini meramente liquidatori ma, al contrario, sulla continuità lavorativa promessa dal ricorrente e ritenuta oggettivamente fattibile dagli organi della procedura;

         attesa la negozialità della procedura (malgrado l’assenza di una fase di voto dei creditori), il piano deve prevedere la messa a disposizione di ratei di reddito in misura superiore a quella acquisibile dalla liquidazione e per un periodo di durata superiore al triennio, termine di comparazione con l’alternativa rappresentata dalla liquidazione controllata, decorso il quale l’effetto di esdebitazione interrompe la possibilità di acquisire i ratei di reddito[24];

         il riparto con la ‘priorità relativa’, diversamente da quello in base alla ‘priorità assoluta’, costituisce l’unica modalità per rendere il piano fattibile e, dunque, ammissibile, fondato sulla continuità dell’attività lavorativa del debitore, nella misura in cui, in assenza di finanza esterna, permette di allocare le risorse in favore di tutti i creditori, altrimenti assorbite dai creditori di maggior grado di privilegio.

 

9. La tesi restrittiva in favore della ‘priorità assoluta’ nella procedura del consumatore: gli argomenti addotti dal Tribunale di Rimini

Un opposto orientamento, invece, ha ritenuto che, nella procedura del consumatore, il Codice non consenta deroghe all’assoluto rispetto dell’ordine delle prelazioni, secondo la regola generale di cui all’art. 2741 c.p.c., pur ammettendo il sistema, ma nei limiti della capienza dei beni gravati, la falcidia dei crediti privilegiati[25].

Con due articolate pronunce[26], il Tribunale di Rimini ha preso compiuta posizione sulle argomentazioni sopra esposte, ribadendo l’orientamento per cui la procedura del consumatore non si sottrae alla regola di riparto della ‘priorità assoluta’, in ossequio al principio della par condicio creditorum.

a) In primo luogo, con riferimento alla regola della ‘priorità relativa’, il tribunale prende atto della “mancanza di una previsione legislativa che consenta, eventualmente con la formula di compatibilità di cui all’art. 74 co. 4 CCI dettata, invece, per il concordato minore (per il quale stesso istituto è dubbia la compatibilità), la sua operatività nell’ambito dello strumento rivolto al consumatore […]. Si ricorda, infatti, come, nel sistema ordinamentale di diritto civile, la mancata previsione espressa di un divieto non equivalga - sic et simpliciter - ad una facoltà”.

b) Quanto al ‘trattamento differenziato’ consentito espressamente dall’art. 67 CCII, si osserva che tale formula assegna al debitore la facoltà di prevedere nel piano “che creditori ugualmente chirografari - ab origine o per degrado - siano trattati con diverse percentuali, ma non necessariamente (ed univocamente) che sia possibile destinare liberamente i valori di liquidazione dei beni presenti e futuri del consumatore, in assenza di una deroga espressa al principio generale della concorsualità[27].

La previsione legislativa circa la possibilità di un ‘trattamento differenziato’ non assurge, dunque, a formula legislativa alternativa alla codificazione della regola della ‘priorità assoluta’: di trattamento differenziato - argomenta il tribunale - “si può parlare all’interno della c.d. distribuzione orizzontale del patrimonio, ben potendo il debitore prevedere per diverse classi di creditori chirografari trattamenti diversi a seconda dell’interesse economico (es. creditore strategico) o posizione giuridica (es. esistenza di ulteriori garanzie) di cui la classe è portatrice”[28].

Né l’assenza, nell’art 67 CCII, del richiamo all’obbligo del rispetto dell’ordine delle cause di prelazione,“può da sola essere significativa della deroga, per il consumatore, al principio di graduazione, immanente nel sistema concorsuale”[29].

c) Inoltre, osserva il giudice riminese, nella procedura del consumatore non è applicabile, neppure analogicamente, la regola dettata per il concordato preventivo in continuità e riguardante la distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione ex art. 84, co. 6, CCII: “non è infatti ipotizzabile, per il consumatore, un ‘surplus’, eventualmente corrispondente ai suoi redditi futuri, atteso che quei redditi - a differenza dei flussi di cassa della continuità di impresa, assenti in ipotesi di Liquidazione Giudiziale - sarebbero in ogni caso realizzati anche nella alternativa liquidatoria (Liquidazione Controllata), e verrebbero destinati ai creditori per la parte pignorabile ed eccedente le necessità di vita familiare”[30].

Non può, dunque, invocarsi l’analogia rispetto a regole di distribuzione previste per il solo concordato in continuità aziendale, in quanto detta continuità, nel Codice, “non è premiata come valore assoluto in sé ma solo se connotata dalla dimensione imprenditoriale”, per cui il soggetto giuridico, rimanendo sul mercato, riesce a produrre un quid aggiuntivo rispetto al ricavato della liquidazione, tale da essere premiato dal legislatore con una regola distributiva più elastica.

Si rende allora evidente, “la distinzione con il soggetto giuridico persona fisica: se l’impresa non fosse in continuità la stessa smetterebbe di ‘vivere’, ossia uscirebbe dal mercato e tutti i rapporti verrebbero a cessare; di contro, la persona fisica continua a produrre reddito indipendentemente dallo strumento regolatorio prescelto, sia esso concordatario o liquidatorio; l’accesso alla liquidazione controllata non è, come ovvio, - a differenza di quanto avviene per le imprese - causa ostativa alla continuità della persona fisica e, dunque, alla sua attività lavorativa”[31].

L’apertura della liquidazione controllata non determina l’interruzione del rapporto lavorativo in capo al debitore: pertanto, i ratei futuri di stipendio eccedente il fabbisogno del debitore sarebbero comunque appresi alla procedura e necessariamente distribuiti secondo l’ordine delle prelazioni ex art. 2741 c.c.; è evidente, quindi, “che quando il legislatore parla di continuità ha in mente, per l’appunto, la solo continuità aziendale”[32].

d) Sotto un profilo sistematico, il tribunale sviluppa un ulteriore argomento partendo da un’analisi dell’operatività della par condicio ex art. 2741 c.c. e della regola della ‘priorità assoluta’ nei vari istituti dei diritto concorsuale, osservando, da un lato, come detta regola continui a permeare trasversalmente tutte le procedure regolate dal Codice, “seppur è indubitabile che vi siano sempre più deroghe al principio, caposaldo della responsabilità civile, espressamente normate dal legislatore”[33].

Si osserva che, tra i vari strumenti di ristrutturazione della crisi descritti dal Codice, il legislatore nulla dica, con riguardo alle regole di distribuzione del patrimonio, solo con riguardo a quegli strumenti estranei alla concorsualità o fondati sull’accordo con i creditori, mentre “man mano che si entra nell’orbita della concorsualità e si impone a creditori non votanti o dissenzienti il volere del debitore o della maggioranza dei creditori l’applicazione delle regole civilistiche di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c. in punto di c.d. distribuzione verticale si fa sempre più pregnante”[34].

Dal rapido excursus svolto dal tribunale riguardo i vari strumenti disciplinati dal CCI, “viene in evidenza come ogniqualvolta al creditore non sia consentito di raggiungere un accordo con il debitore (vuoi in via negoziale vuoi tramite l’esercizio del diritto di voto) le sue ragioni sono tutelate mediante l’applicazione della ‘priorità assoluta’”[35].

A ben vedere, dunque, la ‘priorità relativa’ è codificata espressamente solo per il concordato in continuità aziendale e con riferimento al valore eccedente quello di liquidazione, attesa lo specifico interesse collettivo della prosecuzione dell’attività.

Quanto alle procedure di sovraindebitamento, infine, “si osserva che, allo stesso modo, ove il legislatore ha voluto evidenziare delle deroghe al principio della distribuzione verticale del patrimonio secondo le regole della ‘priorità assoluta’, lo ha fatto positivizzando espressamente la facoltà - per il debitore consumatore - di regolare al di fuori del concorso dei creditori il debito contratto per l’acquisto della prima casa e - per il debitore non consumatore - di tenere fuori dal concordato minore beni strumentali all’esercizio della professione. […] In conclusione, dunque, la osservazione per cui non è espressamente indicata la regola distributiva della ‘priorità assoluta’ non consente di affermare come sia consentito distribuire il patrimonio ai sensi della ‘priorità relativa’”[36].

 

e) Infine, conclude il tribunale, non pare criterio interpretativo apprezzabile, al fine di invocare l’applicabilità della ‘priorità relativa’ anche alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, neppure il criterio teleologico, ossia la tutela dell’interesse pubblico sotteso al risanamento del singolo debitore cui deve essere garantito il cd. ‘fresh start’ per una complessiva tutela del mercato.

È evidente, infatti,  come la tutela del mercato consumeristico sia garantito dal differente istituto della esdebitazione cui le procedure di sovraindebitamento sono prodromiche, inconferente essendo sotto tale prospettiva la continuità lavorativa della persona fisica (che, come detto, finché in vita, o percepisce reddito o percepisce un trattamento pensionistico)”[37].

 

10. Considerazione conclusive.

Le argomentazioni sommariamente richiamate a sostegno dei due orientamenti, traducono, indubbiamente, un lodevole sforzo interpretativo della giurisprudenza che allo stato appare, addirittura, più avanzato di quanto emerso sul tema in sede dottrinale.

Malgrado la ricchezza degli argomenti addotti a sostegno della tesi restrittiva, chi scrive resta convinto che, al pari della questione della moratoria (assente nella ristrutturazione ex art. 67 CCII), per ragioni di sistema deve potersi ammettere l’applicazione della ‘priorità relativa’ nella procedura del consumatore, in presenza delle condizioni fattuali e concrete sopra descritte, pena l’oggettiva difficoltà di accedere all’istituto e le possibili censure di irragionevolezza e disparità di trattamento tra sovraindebitati consumatori e non consumatori, su cui si è fatto già cenno.

Si resta convinti che l’unica opzione ermeneutica possibile sia quella che riparta dal principio del favor debitoris che permea le procedure di sovraindebitamento e, ancor più, la procedura del consumatore, per cui occorre prendere atto della tutela massima accordato dal legislatore a tale tipologia di debitore[38].

Si è già avuto modo di osservare in tal senso, in altro contributo, che un chiaro dato positivo che rende conto di tale tutela, è rappresentato dalla speciale fattispecie della prosecuzione del mutuo ipotecario ex art. 67 c.5 CCII, per la quale, a differenza dell’analoga fattispecie nel concordato minore, non si prevede alcuna attestazione dell’OCC riguardo al fatto che essa “non lede i diritti dei creditori”.

Indubbiamente tale peculiare previsione integra una deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c., sia quando il valore residuo dell’immobile supera il debito ipotecario garantito (con danno agli altri creditori che non potranno soddisfarsi sul bene), sia quando detto valore è inferiore al credito ipotecario residuo (che troverà, tuttavia, integrale soddisfo nella prosecuzione del piano di ammortamento del mutuo): in entrambi i casi, sarà consentito al debitore il mantenimento in proprietà dell’abitazione, in violazione di svariati principi fondanti le procedure concorsuali (la garanzia patrimoniale generica, i principi della par condicio e dell’ordine delle cause legittime di prelazione), addirittura anche a fronte della contestazione di convenienza ex art. 70 c.9 CCII avanzata dal creditore interessato.

Se a tanto si spinge il legislatore nell’esclusivo interesse del consumatore - ancorché a tutela di un bene primario come l’abitazione - appare irragionevole concludere che il medesimo legislatore, da un lato, consenta una siffatta compressione dei diritti dei creditori, e dall’altro lato, mantenga invariata e non attenuabile la tutela dei medesimi creditori accordata dall’ipertrofico sistema dei privilegi del nostro ordinamento.



[1] L’Autore è avvocato in Rimini e Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all’Università degli Studi di Milano – Bicocca.

[2] In corso di pubblicazione in questa Rivista.

[3] In corso di pubblicazione in questa Rivista;  in termini identici, con motivazione più succinta, Tribunale di Rimini 29 giugno 2023, est. Miconi.

[4] La definizione della regola c.d. della ‘priorità relativa’ (anche Relative Priority Rule) è richiamata dalla Relazione Illustrativa al d.lgs. n. 83/2022, che ricollega la previsione dell’art. 84, comma 6, CCII, quale suo recepimento, all’art. 11, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva Insolvency.

[5] Per ‘valore eccedente quello di liquidazione’ si intende non già la finanza esterna (che può essere distribuita liberamente non soggiacendo al principio dell’ordine delle cause legittime di prelazione), ma il valore ricavato dalla continuità dell’attività di impresa, che nel caso del concordato minore può essere rappresentato dai flussi derivanti dalla prosecuzione dell’attività d’impresa o dai redditi professionali (cfr. Tribunale di Torino 2 maggio 2023, infra), od ancora, ad es., dai redditi di lavoro in genere messi a disposizione dal debitore per l’intera durata del piano di concordato.

La regola della ‘priorità relativa’ trova, altresì, la sua traduzione normativa nell'art. 112, co. 2, CCII c.d. cross class cram-down, che pone un delicato meccanismo di approvazione del concordato in caso di classi dissenzienti, richiamato espressamente, peraltro, nella disciplina del concordato minore.

Va ricordato, peraltro, che i crediti di lavoro non soggiacciono alla distribuzione secondo la regola della ‘priorità relativa’.

[6] Sulla codificazione della regola della c.d. ‘priorità relativa’ nell’ambito dell’istituto della transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall., cfr. ANDREANI – TUBELLI, “La transazione fiscale deroga alla regola della priorità assoluta”, in questa Rivista, marzo 2021.

A conferma, Cass. 26 maggio 2022 n. 17155 ha chiarito che “l’art. 182-ter, comma 1, l.fall. elimina la condizione preclusiva dell’integrale soddisfazione dei crediti di rango superiore ai fini del soddisfacimento di quelli di rango inferiore; il che significa che ai crediti tributari e contributivi può essere applicata, in luogo della c.d. Absolute Priority Rule (priorità assoluta), la c.d. Relative Priority Rule (priorità relativa), sia pure in forma diversa e più favorevole rispetto a quella successivamente declinata come regola di default nell’art. 11, par. 1, lett. c), della Direttiva (UE) 2019/1023, che infatti consente solo un trattamento “più favorevole” delle classi di rango poziore, laddove l’art. 182-ter l.fall., come visto, consente anche un trattamento semplicemente pari a quello della classe di rango inferiore”.

[7] Peraltro, in giurisprudenza, in tema di soddisfo dei crediti erariali, si è ritenuto che “nel nostro ordinamento, il principio del trattamento non deteriore dell’Erario rispetto agli altri creditori aventi pari o inferiore privilegio o chirografari, deve trovare applicazione anche nel caso in cui il debito fiscale e previdenziale sia soddisfatto mediante finanza esterna” (così Tribunale di Rimini 16 dicembre 2021, inedita).

[8] Tribunale di Forlì 9 febbraio 2022, in questa Rivista.

[9] Tra le più recenti, in fattispecie ex l. 3/2012, cfr. Tribunale di Bologna 20 ottobre 2022, pubblicata sul sito ufficiale del tribunale, con cui viene omologato un piano del consumatore con messa a disposizione, per un periodo di quattro anni, di una quota del trattamento pensionistico di cui gode il debitore, con riparto nella misura del 63,19% in favore dell’Erario e nella misura del 12,28% in favore degli altri creditori privilegiati e dei chirografari.

[10] È la Relazione Illustrativa allo schema di decreto legislativo approvato, a precisare che ciò che può essere distribuito osservando il criterio della ‘priorità relativa’ è il c.d. plusvalore da continuità, espressamente definito come “il valore ricavato dalla prosecuzione dell’impresa”.

[11] Tale questione, peraltro, è sorta anche in riferimento ad altre problematiche: per esempio, non essendo stata riprodotta nel CCII una norma sulla moratoria nel pagamento dei crediti privilegiati - presente nella l. 3/2012 per entrambe le procedure negoziali (piano e accordo) -, in dottrina ci si è chiesti quale fosse l’ambito di richiamo della disposizione sulla moratoria contenuta nell’art. 86 CCII dettato per il concordato preventivo, ovvero se valesse anche per la procedura del consumatore. Per una disamina della problematica, sia consentito di rinviare ad un mio precedente contributo, dal titolo “Ristrutturazione del consumatore ex art. 67 CCII: è ancora ammissibile la moratoria dei creditori privilegiati?”, giugno 2023, in questa Rivista.

[12] Così si è espresso, recentemente, Tribunale di Brindisi 26 giugno 2023, in questa Rivista.

[13] Cfr. Appello di Bologna 16 giugno 2023 e 20 giugno 2023, in questa Rivista; si veda anche Cass. 26.7.2023 n.22699  con cui la S.C. – precisando che la ristrutturazione ex art. 67 CCII è destinata a regolare solo i debiti consumeristici - ha ribadito che, ai fini della qualificazione del debitore come consumatore, occorre avere riguardo al momento genetico dell’obbligazione, e dunque allo scopo per il quale essa è stata contratta.

La pronuncia si esprime, dunque, a favore della tesi per cui non è possibile ricorrere alla ristrutturazione ex art. 67 CCII in presenza di debitoria mista o c.d. promiscua, essendo irrilevante l’intervenuta cessazione dell’attività d’impresa dell’imprenditore, dovendosi avere riguardo alla natura originaria dell’obbligazione, a prescindere dalle vicende successive che interessano il debitore.

[14] Circa l’assunto per cui il piano del consumatore ex l. 3/2012 è costruito in deroga al principio della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., cfr. Cass. 2022/27843, ove si legge che “la previsione dell'art. 12 bis, co. 3, l. 3/2012, in forza della quale il giudice poteva omologare il piano del consumatore soltanto in presenza del requisito della «meritevolezza» […] rende evidente, sia per la testuale formulazione della norma, sia in ragione della ratio della disposizione, che si pone in deroga alla regola generale dettata dall’articolo 2740 c.c.”; in dottrina, G. RANA, “Ristrutturazione dei debiti del consumatore e debiti promiscui nel Codice della Crisi”, Il Fallimento, 7/2023.

[15] Tribunale di Avellino 9 febbraio 2022, in questa Rivista, ha osservato che “la disciplina del sovraindebitamento, nel richiamare esclusivamente la necessità di attestazione dell’OCC ai fini della falcidia dei creditori, ma non l’ulteriore previsione dell’art. 160, co. 2, l. fall., nella parte in cui impone il divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione, rende possibile al consumatore la libera disposizione dei beni futuri (in specie, risorse reddituali) senza essere obbligato a soddisfare prioritariamente i creditori aventi privilegio generale mobiliare e sempre che il trattamento riservato a questi ultimi sia più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria (c.d. relative priority rule)”.

L’orientamento, in vigenza del CCII, è ribadito da Tribunale di Avellino 13 marzo 2023, in questa Rivista, la cui motivazione sembra alludere ad una applicazione estesa e trasversale della ‘priorità relativa’, quantomeno in relazione alle fattispecie che prevedono all’attivo le quote di redditi futuri: “con l’anticipazione del pagamento dei creditori privilegiati rispetto ai creditori chirografari e la previsione di una maggior percentuale di soddisfo a beneficio dei primi rispetto ai secondi deve ritenersi osservato anche il principio di non discriminazione che va applicato nella distribuzione del c.d. valore di ristrutturazione, nella specie costituito dai redditi futuri, in ossequio alla regola del relative priority rule come declinata dall’art. 11 della Direttiva UE 2019/1023”.

[16] La Suprema Corte, con la decisione Cass. 26 maggio 2022 n. 17155, è tornata sul tema osservando che l’art. 160, co. 2, l.fall., laddove impone che «il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione», viene tradizionalmente interpretato come norma traspositiva, già in fase di ammissione del concordato preventivo, del criterio di matrice nordamericana della c.d. absolute priority rule, per cui una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta”.

[17]La Cassazione osserva che l’interpretazione analogica consente di “ritrovare una o più norme positive (c.d. analogia legis) o uno o più principi giuridici (c.d. analogia iuris) che possano integrare la lacuna normativa, il cui valore qualificatorio sia tale che le rispettive conseguenze normative possano essere applicate alla situazione originariamente carente di una specifica regolamentazione, sulla base dell'accertamento di un rapporto di somiglianza tra alcuni elementi (giuridici o di fatto) della vicenda regolata ed alcuni elementi di quella non regolata”.

[18] Ciò si dica ben consapevoli del fatto che la ‘priorità relativa’ è normata in una fattispecie specifica (concordato in continuità aziendale), caratterizzata, altresì, dall’obbligatorietà della formazione delle classi.

[19] Come noto, in giurisprudenza, con riferimento alla liquidazione controllata, il triennio è ritenuto il termine massimo di apprensione dei ratei di reddito o trattamento pensionistico, in conseguenza dell’effetto esdebitatorio automatico che si determina, appunto, con il decorso di tre anni dall’apertura della procedura.

[20] La decisione è citata in C.CRACOLICI-A.CURLETTI, “Manuale delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, Edizioni Eutekne, Torino, settembre 2023, pag. 343.

Osserva il tribunale piemontese che “in ordine alla regola distributiva, in ragione del rinvio effettuato dall’art. 74 co 4 CCII, nel concordato minore in continuità debbono trovare applicazione le norme in tema di ordine dei privilegi e distribuzione previste per il concordato c.d. maggiore in continuità e, in particolare, l’art. 84 co 6 CCII. Norma che prevede per i flussi derivanti dalla liquidazione il rispetto della c.d. priorità assoluta mentre per quelli derivanti dalla continuità la regola distributiva della priorità relativa, secondo cui è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore” (Tribunale di Torino 2 maggio 2023, cit.).

[21] S.PACCHI, “Par condicio e relative priority rule. Molto da tempo è mutato nella disciplina della crisi d’impresa”, www.dirittodellacrisi, 1/2022; osserva l’Autrice che “muta il rapporto della disciplina concorsuale con la normativa civilistica della quale tradizionalmente la prima è stata considerata appendice. Il fatto è che siamo dinanzi ad un ribaltamento dell’impostazione dell’ordinamento della crisi […] con nuove e moderne forme di concorsualità alternative al modello esclusivamente liquidatorio del recente passato, marcato dalla traslazione del principio civilistico di cui all’art. 2741 cc.”.

[22] S.PACCHI, cit.

[23] S.PACCHI, cit.

[24] Circa il termine triennale di apprensione delle quote di redito, appare consolidato l’orientamento giurisprudenziale avviato da Tribunale di Verona 6 ottobre 2022, in questa Rivista, seguito da numerose altre pronunce.

[25] Hanno ribadito in modo espresso l’applicazione dell’art. 2741 c.c. alla procedura del consumatore, statuendo l’inammissibilità del criterio della ‘priorità relativa’, Tribunale di Catanzaro 1 giugno 2023 e Tribunale di Torino 15 dicembre 2021, in questa Rivista.

[26] Tribunale di Rimini 29 giugno 2023, est. Miconi e Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, est. Rossi, in rassegna, in corso di pubblicazione.

[27] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

[28] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

[29] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

[30] Tribunale di Rimini 29 giugno 2023, cit.

[31] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

[32] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

L’argomento addotto muove dal favor specifico che il legislatore, indubbiamente, accorda alla continuità d’impresa, quale soluzione di superamento della crisi idonea a riverberare effetti economici positivi su numerosi portatori di interesse, non soltanto verso il ceto creditorio; tuttavia, l’assunto per cui nella fattispecie del consumatore non si crea surplus, pare superabile, come già innanzi osservato, in relazione alla fattispecie del piano di ristrutturazione ex art. 67 CCII che - in base alla natura negoziale della procedura ed alla possibilità del debitore di formulare una proposta a contenuto libero -, preveda la messa a disposizione di flussi reddituali in misura aggiuntiva e migliorativa rispetto all’alternativa della liquidazione controllata, sia in termini quantitativi che di durata del piano.

[33] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

[34] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

Osserva il giudice che “per quanto concerne gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa e i piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione i creditori dissenzienti appartenenti ad una categoria la cui maggioranza ha votato positivamente vengono trattati come la maggioranza; se questa è una regola di distribuzione orizzontale (ossia di trattamento dei crediti all’interno della stessa categoria), nulla ancora viene detto con riferimento alla distribuzione verticale del patrimonio trattandosi di strumenti in cui ancora è marcata l’autonomia negoziale”.

[35] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

[36] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

[37] Tribunale di Rimini 25 luglio 2023, cit.

[38] Corte di Appello di Bologna 16 giugno 2023, in questa Rivista, ha ribadito la peculiarità della procedura di ristrutturazione del consumatore - il cui favor è strettamente legato al fatto che essa è riservata esclusivamente alla definizione di debiti consumeristici - osservando che “il provvedimento del giudice è l’unico presidio a tutela dei creditori, giacché solo all’autorità giudiziaria è rimesso il giudizio sull’ammissibilità giuridica e sulla fattibilità economica del piano, nonché sulla convenienza della proposta, che si traducono in una parziale estinzione del debito a prescindere dalla volontà dei singoli creditori”.


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